Italo Balbo (1896 - 1940)

Italo Balbo (1896 – 1940)

Italo Balbo nacque a Quartesana, frazione del comune di Ferrara, il 6 giugno 1896. Figlio di Camillo Balbo e Malvina Zuffi, entrambi maestri elementari. Il padre era di origini piemontesi, mentre la madre era romagnola. In famiglia vigeva il rispetto assoluto per la monarchia e per il servizio militare.

Dopo la nascita, la famiglia Balbo si trasferisce da Quartesana a Ferrara, centro politico rilevante, percorso da fermenti di classe contadina e animato da idee socialiste.

Le ferventi dispute dialettiche tra monarchici e repubblicani si svolgevano al Caffè Milano, soprannominato all'epoca "sitùzz", ovvero piccolo sito, posticino. Anche il giovane Balbo partecipò attivamente alle discussioni politiche, che esercitarono un'influenza sulla sua posizione politica.

In famiglia i contrasti si accentuarono, poiché Balbo, di idee repubblicane, si scontrò con l'ideologia del padre. Nel 1911, appreso al Caffè Milano dell'iniziativa organizzata da Ricciotti Garibaldi per liberare l'Albania dal controllo turco, fuggì da casa e si aggregò alla spedizione militare. Non riuscì a partecipare alla spedizione, bloccato dalla polizia, avvisata dal padre.

Nel 1914, partecipò ad una manifestazione interventista a Milano, dove conobbe per caso Benito Mussolini. Balbo divenne guardia del corpo di Cesare Battisti durante i comizi da lui tenuti a favore dell'intervento in guerra.

Prima guerra mondiale
Durante la prima guerra mondiale prestò servizio nell'8º Reggimento Alpini.
Promosso sottotenente, il 16 ottobre 1917 lascia il battaglione perché destinato, su sua domanda, al Deposito Aeronautico di Torino per un corso di pilotaggio, la sua vera grande passione. Pochi giorni dopo, a causa dell'offensiva austro-tedesca, fu costretto a ritornare al fronte. Nel 1918, al comando del reparto d'assalto del Battaglione Pieve di Cadore, partecipa all'offensiva sul Monte Grappa, liberando la città di Feltre.

Per alti meriti militari si guadagnò una medaglia di bronzo e due di argento, raggiungendo il grado di capitano. Congedato nel 1920, incontra, nello stesso anno, la contessina Emanuella Florio (1901 - 1980) e se ne innamora, subito ricambiato. Lei è timida, gentile, riservata; sono due caratteri opposti (il diavolo e l'acqua santa, dicono gli amici di suo padre), ma si vogliono bene e nel 1924 si sposano. Per amore di Emanuela, si rimette a studiare ed a Firenze si laurea in scienze sociali, dopo aver malmenato un professore che parlava male dei reduci. Quindi tornò alla sua città natale per lavorare come impiegato di banca.

Adesione al fascismo
Italo Balbo, 1929Dopo essere stato in gioventù di idee repubblicano-mazziniane nonché frequentatore della loggia massonica Gerolamo Savonarola di Ferrara, Balbo, dopo la guerra, aderì al fascismo e presto divenne segretario della federazione fascista ferrarese. Iniziò ad organizzare bande di squadristi e formò un suo gruppo soprannominato «Celibano», nome derivante dalla storpiatura ferrarese del suo drink preferito, il cherry-brandy conosciuto anche come Sangue Morlacco. Il gruppo poneva fine agli scioperi per conto dei proprietari terrieri locali attraverso spedizioni punitive che colpivano i comunisti i socialisti e le organizzazioni contadine di Portomaggiore, Ravenna, Modena e Bologna. Il gruppo una volta razziò il Castello Estense di Ferrara.

Nell'ottobre del 1922 fu uno dei «quadrumviri» della marcia su Roma, assieme ad Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi e Michele Bianchi. Guidò in particolare la sanguinosa spedizione punitiva contro il quartiere di San Lorenzo che aveva tentato di respingere una colonna fascista.

Nel 1923 venne accusato di essere coinvolto nell'omicidio del parroco antifascista don Giovanni Minzoni, ad Argenta ma fu prosciolto da ogni accusa. Il processo venne ripetuto nel 1947 e la Corte di Assise di Ferrara escluse ogni sua responsabilità.

Nel 1924 divenne comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e sottosegretario all'economia nazionale nel 1925.

Il 30 agosto 1925, accompagna a Forlì il segretario del partito fascista Roberto Farinacci, per compiere un gesto di grande importanza propagandistica: la fondazione di Predappio Nuova, per celebrare il luogo di nascita del Duce.

La passione per il volo
Italo Balbo in divisa da aviatoreIl 6 novembre 1926 venne nominato segretario di Stato all'aviazione e si apprestò a organizzare la neocostituita Regia Aeronautica. Il 19 agosto 1928 divenne maresciallo delle Forze Aeree e il 12 settembre 1929, a soli trentatré anni, ministro dell'Aviazione (all'epoca era il più giovane ministro europeo).

Balbo guidò due voli transatlantici. Il primo, nel 1930, con 12 idrovolanti Savoia-Marchetti S.55A partiti da Orbetello alla volta di Rio de Janeiro, in Brasile, si svolse dal 17 dicembre 1930 al 15 gennaio 1931.

La seconda crociera atlantica, crociera aerea del Decennale, venne organizzata per celebrare il decennale della Regia Aeronautica in occasione della Century of Progress, esposizione universale che si tenne a Chicago tra il 1933 ed il 1934. Dal 1º luglio al 12 agosto del 1933 guidò la trasvolata di 25 idrovolanti S.55X partiti da Orbetello verso il Canada e con destinazione finale gli Stati Uniti. La traversata di andata approdò in Islanda proseguendo poi verso le coste del Labrador. Il governatore dell'Illinois, il sindaco e la città di Chicago riservarono ai trasvolatori un'accoglienza trionfale, ed a Balbo venne intitolata una strada, tutt'oggi esistente, in prossimità del lago Michigan, la Balbo avenue (ex-7th avenue). I Sioux presenti all'Esposizione di Chicago lo nominarono capo indiano con il nome di Capo Aquila Volante. In quell'epoca infatti i rapporti fra Italia e USA erano ottimi e un'impresa di questo tipo era molto seguita e considerata straordinaria.

Il volo di ritorno proseguì per New York dove venne organizzata in suo onore e degli altri equipaggi una grande ticker-tape parade, secondo italiano dopo Diaz ad essere acclamato per le strade di New York, e si intitolò a Balbo uno dei suoi viali. Il presidente Roosevelt lo ebbe ospite.

Di ritorno in Italia, venne nominato maresciallo dell'aria. Dopo questo episodio il termine balbo divenne di uso comune per descrivere una qualsiasi formazione numerosa di aeroplani. Meno noto è che negli Stati Uniti il termine "balbo" sia utilizzato anche per indicare il pizzo lungo con baffi.

Al di là di queste imprese, Balbo dispiegò grande energia nell'imporre disciplina e rigore alla neonata Regia Aeronautica, accantonando gli aspetti romantici ed individualistici dell'aviazione pionieristica piuttosto indirizzandola a formare una Forza Armata coesa e disciplinata. I voli transoceanici in formazione erano un esempio di tale indirizzo, non più imprese individuali ma in gruppo e minuziosamente programmate. È da rilevare che se Balbo avallò le idee di Giulio Douhet sull'aviazione strategica, nel contempo sostenne fattivamente la costituzione dello Stormo d'assalto sotto il comando di Amedeo Mecozzi, in altre parole incoraggiando lo sviluppo dell'aviazione tattica. Si oppose invece alla realizzazione di navi portaerei che riteneva avrebbero sottratto fondi e materiale alla Regia Aeronautica intaccando altresì l'indipendenza della neonata Arma Aerea. La mancata realizzazione di portaerei influì negativamente sulle operazioni della Regia Marina nel secondo conflitto mondiali (vedasi battaglia di Capo Matapan), peraltro sarebbe un errore attribuirne la responsabilità alla sola opposizione di Balbo: molto giocò la mentalità misoneista della Regia Marina. (Alberto Santoni, Da Lissa alle Falkland, Milano, Mursia, 1987, Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare, Milano, Mondadori, 2000, Claudio G. Segre, Italo Balbo, Bologna, il Mulino, 1988)

La Libia
Proprio nel momento in cui Balbo raggiungeva il massimo della sua popolarità, egli si era attirato delle inimicizie all'interno del partito, dovute a gelosia e al suo comportamento individualista. Tutti i trionfi di Balbo ingelosiscono Mussolini (e accendono sospetti). Il regime si basava su una diarchia: il Duce e il re. Non è dato sapere se Balbo avesse in mente d'inserirsi e di dar vita ad una triarchia ma sembra abbastanza chiaro che Mussolini temesse la popolarità dell'ex quadrumviro, del quale conosceva, ingigantite dagli interessati rapporti delle polizie segrete, le sue critiche al regime. Decide, perciò, di prevenire ogni pericolo. Allontana Balbo togliendo al neo nominato maresciallo dell'Aria l'incarico di ministro dell'Aeronautica, estromettendolo dal governo, "promuovendolo" governatore della Tripolitania e della Cirenaica, che, nel 1934, e sotto il patronato di Balbo si fondono, unitamente al Fezzan, nell'unica colonia: la Libia. Qualche settimana prima, quando gli era stato comunicato la nomina a governatore della colonia, Balbo aveva compreso che non si trattava esattamente di una promozione: sarebbe stato più appropriato dirla un esilio.

Il 16 gennaio 1934 sbarca a Tripoli e lancia un proclama: «Assumo da oggi, in nome di Sua Maestà il governo, i miei tre predecessori, Volpi, De Bono, Badoglio, hanno compiuto grandi opere. Mi propongo di seguire le loro orme». In Libia avviò progetti di opere pubbliche e costruzione della rete stradale, in particolare la litoranea che segue il Mediterraneo per centinaia di chilometri e che in suo onore si chiamò "via Balbia".

Cercò inoltre di attirare coloni italiani e seguì una politica di integrazione e pacificazione con le popolazioni musulmane. Dopo l'invasione tedesca della Polonia nel settembre del 1939, Balbo, in visita a Roma, espresse ripetutamente malcontento e preoccupazione per l'alleanza militare con la Germania e per la politica seguita da Mussolini sia sul piano interno che sul piano internazionale. Del resto il suo dissenso nei confronti del Duce si era sempre più acuito a partire dal 1938, quando, in più occasioni, manifestò a Mussolini la sua contrarietà alla promulgazione delle leggi razziali.

La morte
La tomba ad OrbetelloIl 28 giugno 1940 Italo Balbo rimase ucciso mentre era di ritorno da una ricognizione in territorio egiziano quando il suo aereo, un Savoia-Marchetti S.M.79, venne abbattuto da un cannone antiaereo italiano. Il giorno dopo il bollettino delle Forze Armate diramò il seguente bollettino:

“Il giorno 28, volando sul cielo di Tobruk, durante un'azione di bombardamento nemica, l'apparecchio pilotato da Italo Balbo è precipitato in fiamme. Italo Balbo e i componenti dell'equipaggio sono periti. Le bandiere delle Forze Armate d'Italia s'inchinano in segno di omaggio e di alto onore alla memoria di Italo Balbo, volontario alpino della guerra mondiale, Quadrumviro della Rivoluzione, trasvolatore dell'Oceano, Maresciallo dell'Aria, caduto al posto di combattimento”

L'equipaggio era composto da Ottavio Frailich, Enrico Caretti, Lino Balbo, Claudio Brunelli, Nello Quilici, Gino Cappannini, Cino Florio e Giuseppe Berti. Il giorno successivo, un aereo britannico paracadutò sul campo italiano un biglietto di cordoglio a nome dell'esercito di Sua Maestà.

“Le forze britanniche esprimono il loro sincero compianto per la morte del Maresciallo dell'Aria Italo Balbo, un grande condottiero e un valoroso aviatore che conoscevo personalmente e che il fato pose in campo avversario… Air Officer-Commander-in-Chief British Royal Air Force… Sir Arthur Laymore”

Ufficialmente l'incidente venne considerato uno sfortunato caso di fuoco amico, ma la vedova di Balbo, Emanuela Florio, riteneva che si fosse trattato di un assassinio ordinato da Mussolini. Questa ipotesi è liquidata come "stupidaggine" dal capopezzo che abbatté l'aereo di Balbo, Claudio Marzola, imbarcato sull'incrociatore della Regia Marina San Giorgio.

Attualmente è stato definitivamente appurato che Balbo fu abbattuto dalla contraerea italiana di Tobruch per un fatale errore di valutazione, mentre sono totalmente prive di fondamento tutte le altre ipotesi.
Più recentemente Folco Quilici (figlio di Nello Quilici), nel suo volume Tobruk 1940 (edito da Mondadori), sostiene che l'aereo sarebbe stato abbattuto da una raffica sparata dalla torretta del sommergibile posamine italiano Bragadin proveniente da Napoli, che, nella confusione che seguì l'abbattimento, ripartì dal porto libico la sera stessa, ragione per la quale le relazioni ufficiali non ne parlano.

I commenti dei contemporanei

Di lui lo stesso Mussolini dirà : “ Balbo. Un bell'alpino, un grande aviatore, un autentico rivoluzionario. Il solo che sarebbe stato capace di uccidermi.”

Galeazzo Ciano invece il giorno 29 giugno annoterà sul suo diario : “Balbo non meritava questa fine: era esuberante, irrequieto, amava la vita in ogni sua manifestazione. […] Non aveva voluto la guerra e l'aveva osteggiata fino all'ultimo. […] Il ricordo di Balbo rimarrà a lungo tra gli italiani, perché era, soprattutto, un italiano con i grandi difetti e le grandi qualità della nostra razza. “