Il Convegno di Peschiera - 8 novembre 1917

Caporetto e le sue conseguenze

Il Convegno di Peschiera - 8 novembre 1917

Dopo quindici (15) giorni, le forze nemiche, che nel frattempo hanno già perso parecchio slancio, avanzano ancora… L’8 novembre quindi, in pieno panico generale ormai, soprattutto dei politici e degli altri vertici militari, la delegazione (12 persone in tutto) si incontra al primo piano di una palazzina a Peschiera del Garda a ridosso delle vecchie mura della fortezza del quadrilatero della Guerra 1848-49. Questa palazzina, che era una scuola elementare prima della guerra era in quel momento adibita a Comando di Battaglione…

Oggi questa palazzina è diventata un Museo tutto dedicato a quell’evento di pochissime ore. Vedere sito www.peschieramuseo.it

Si deve discutere su ciò che occorre fare subito, …perché il momento è gravissimo !!!

Presenti per l’Italia, oltre al Re Vittorio Emanuele III, il Presidente On. Emanuele Orlando, il Barone Sidney Sonnino, il Generale Alfieri e l’On. Bissolati, per l’Inghilterra il Primo Ministro Lloyd Gorge, il Generale Wilson, capo di S.M. dell’Esercito, il Generale Robertson, il Generale Smutz, e per la Francia, M. Painlevé Capo del Governo, M. Franklin Bouillon ed il Maresciallo Foch.

Furono tre (3) ore soltanto di colloquio, ma bastarono a trasformare l’Italia da un Paese vir-tualmente battuto in una Potenza mondiale vincente, tanto è vero che esattamente 12 mesi dopo, sarebbe stata l’Italia a sfondare a Vittorio Veneto e a travolgere ogni resistenza.

Cosa successe in quelle tre ore ?

Succede, che SM il Re, invece di ascoltare militari e politici senza idee che si rimpallavano le responsabilità del momento, vere o anche soltanto presunte, prende la parola, e con cognizione di causa, usando contemporaneamente e correttamente l’italiano il francese e l’inglese, senza bisogno di interpreti, seppe esporre chiaramente la situazione militare REALE per quello che era, con padronanza tecnica e con una assoluta ed incrollabile fiducia nell’Esercito Italiano.

La situazione infatti era critica, non tanto per la sconfitta in se, ma per il senso di sfiducia e frustrazione che questa aveva prodotto in tutti :

Al Comando militare, era ormai passata da giorni la tesi del tradimento dei soldati perché nessuno sapeva giustificare il crollo dello schieramento. Si sarebbe voluto ordinare fucilazioni di massa, i Politici poi erano giunti a Peschiera addirittura con la vaga idea di poter chiedere un tregua d’Armi al nemico, e gli alleati Francesi ed Inglesi senza fiducia ritenevano “consigliabile” ripiegare fino al Mincio, in modo d’aver tempo di posizionare un nuovo schieramento con calma ed in attesa di rinforzi che avrebbero dovuto giungere dall’estero. Ciò però voleva dire lasciare indietro praticamente tutto il Veneto, …Venezia, Padova, Treviso, Verona e anche Mantova !

Il Re fu irremovibile, non se ne parlava neppure di lasciare indietro quel pezzo d’Italia.

Il pessimismo generale fu quindi cancellato dal Re, che convinse tutti i presenti sul fatto che i soldati italiani avrebbero assolutamente tenuto il fronte arrestandosi sul Piave.

Da quel momento la direzione della guerra ritornava nelle mani del Re dopo che per due anni e mezzo, era stata delegata e gestita : politicamente dal Parlamento ed operativamente da Cadorna.

Gli Italiani nelle settimane successive compresero la differenza e si strinsero attorno al Re e a Casa Savoia.

Vittorio Emanuele, …Re fotografo, “battezzato” così con ironia dai soliti detrattori, critici e nullafacenti, divenne di colpo il Re Soldato, …l’esempio vivente per l’intera Nazione.

E la Nazione rispose come non aveva mai fatto prima, ogni singolo soldato fu consapevole di ciò, e la linea del Piave tenne contro ogni più pessimistica previsione di un nuovo e definitivo disastro !

Quel giorno di fatto, si cementò il senso più profondo della nostra italianità prima ancora di completare l’Unità territoriale del Paese. Gli Italiani da quel giorno insomma, dopo essere stati riuniti da Casa Savoia dopo secoli di divisioni, erano finalmente consapevoli di essere un popolo “compiuto”.

Lloyd George, Primo Ministro Britannico ebbe a dire dopo il convegno di Peschiera, che il Re “Non tradì alcun segno di timore e di depressione, pareva ansioso solamente di cancellare in noi l’impressione che il suo esercito fosse fuggito…” e poi ancora “…dissipò tutte le debolezze, troncò tutte le titubanze”

SM il Re, non chiese aiuto, chiese soltanto fiducia. Disse infatti che fermare il nemico sul Piave, era un compito del popolo italiano. Riuscì anche a sdrammatizzare il momento citando un vecchi proverbio popolare “alla guerra si va con un bastone per darle ed un sacco per prenderle” disse !

Quando termina il convegno, e gli Alleati comunque dubbiosi, si ritirano per andare a pranzo altrove, Vittorio Emanuele resta nello stanzone dell’incontro nella palazzina, e con lui restano al freddo, perché la stufa a legna ha finito da tempo il combustibile disponibile, Orlando (Presidente del Consiglio) e Sonnino (Ministro degli Esteri). Mangeranno in silenzio assieme con l’aiutante di campo del Re, il Marchese Solaro del Borgo ciò che lo stesso Vittorio Emanuele si era portato appresso nel paniere come ogni giorno durante le sue visite al fronte : delle fettine di carne fredda e delle uova sode. Dopo aver mangiato, Orlando sottopose al Re il testo per un messaggio alla Nazione… Il Re prese il foglio e per il buio che c’era nella stanza, dovette avvicinarsi alla finestra per riuscire a leggere… Fuori pioveva a dirotto. Convenne subito, che il testo era troppo drammatico e pessimista per il momento, e lo modificò di suo pugno !

Vedere DS.050 - Proclama alla Nazione

Ma non bastano le parole e le buone intenzioni per fermare un nemico.

Per vincere una guerra ci vogliono i fatti.

Si comincia il giorno 9 novembre. In mattinata infatti, il passaggio delle truppe italiane sulla destra del fiume Piave era pressoché ultimato e conformemente a quanto deciso il giorno prima, viene dato l’alt. Nel pomeriggio poi vengono fatti saltare tutti i ponti.

Sul Piave il fronte deve tenere, e terrà. Dopo una presa di contatto infatti, gli Austro tedeschi si rendono conto che la linea italiana è salda e di non avere più la forza e lo slancio per tentare subito l’attraversamento del fiume. In effetti sono sfiancati, e non hanno più riserve fresche da impegnare. In data 12 novembre 1917, il comando Austro tedesco, sospende le operazioni, rimandando pertanto l’offensiva finale e risolutiva per l’estate del 1918.

Il Generale Cadorna intanto viene sostituito con Diaz. Armando Diaz !

Gli Alleati avrebbero preferito il Duca Emanuele Filiberto di Savoia già Comandante della terza Armata, ma il Re non voleva esporre il suo prestigio a critiche nel caso vi fosse stato necessità per la corona di un cambio al vertice. E così fu Diaz ad essere investito del Comando.

Ma Diaz non è affatto un ripiego !

Perché Diaz, (56 anni) è di poche parole, e di sentimenti liberali. Non è ossessionato dalla politica e al contrario di Cadorna ed altri, appare tra i meno pessimisti. Non si sottrae alle sue responsabilità e sa fare autocritica. Ha bene in testa cosa occorra fare, e soprattutto, assieme al Sovrano condivide la fiducia nei suoi soldati, e dai suoi soldati è tenuto in buona considerazione.

Il Re dirà di lui, che è fornito di “ostinata modestia”.

Diaz infatti ha già compreso da tempo che le spallate frontali non portano a nulla, e impara alla svelta da buon Napoletano.

L’operato tedesco messo in atto a Caporetto l’ha definitivamente convinto che occorre cambiare “musica”.

Sotto al suo Comando l’Esercito Italiano sarà l’unico degli Eserciti Alleati a cambiare così radicalmente e così velocemente la sua tattica sul campo di battaglia durante la guerra. Basta con la difesa di linea. La difesa viene organizzata per capisaldi in profondità, e le artiglierie sono “collegate” non più con i comandi di Armata o di Corpo d’Armata per il fuoco generale di sbarramento, ma viene sincronizzata con la necessità dei reparti in prima linea, anche a livello di reggimento o battaglione se è necessario. Vengono effettuate rotazioni più veloci dei reparti (tra linea, retrovie e licenza) per risollevare il morale. Viene anche migliorato il rancio e vengono distribuiti manuali di tattica a livello di compagnia per professionalizzare gli ufficiali subalterni a questo nuovo modo di operare.

Il morale della truppa viene ricreato anche attraverso ad iniziative non prettamente militari o migliorando la condizione di vita, ma attraverso la propaganda ed il buon umore. Diaz infatti promuove la stampa di giornali direttamente nelle trincee. Sono giornali dai nomi divertenti, che servono a raccontare aneddoti, notizie curiose, …servono a pubblicare caricature, a prendere in giro il disagio e la paura stessa, a sdrammatizzare insomma.

Vedere DS.075 – Giornali da trincea

In 12 mesi di comando circa inoltre, Diaz non prenderà mai una sola iniziativa offensiva per attaccare il nemico fino alla battaglia di Vittorio Veneto, anche quando da Roma lo imploreranno o arriveranno a minacciarlo di sostituzione.

Lo può fare chiaramente perché il Re, ha fiducia in lui, e questo servì a ridare fiato e fiducia ai reparti.

Alberto Conterio