La beffa di Buccari - 10/11 febbraio 1918

L'azione nota come la Beffa di Buccari si svolse nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 1918 nella baia di Buccari nell'ultimo anno della prima guerra mondiale. Nonostante non abbia prodotto risultati materiali particolari, nel 1918 tale azione ebbe un positivo e grosso effetto psicologico sui soldati al fronte.

Esiste un cippo Commemorativo a Venezia sul sagrato della chiesa del Redentore, dedicato a questa impresa.

Gli uomini e i mezzi

Sotto il comando del capitano di fregata Costanzo Ciano, trenta uomini erano a bordo dei Motoscafi Anti Sommergibile, definizione data in seguito alle imbarcazioni, in quanto in origine la sigla M.A.S. stava per Motoscafi Armati Svan, dove Svan era l'azienda veneziana che li produceva. Ogni MAS era rimorchiato da una torpediniera e la flottiglia era protetta da altre unità: un sommergibile, alcuni caccia e un esploratore. Gabriele d'Annunzio era a bordo del MAS 96, comandato dal tenente di vascello Luigi Rizzo.

Il Motoscafo Anti Sommergibile della prima guerra mondiale derivava dalla concezione esistente in quel periodo della guerra sottomarina. I sommergibili venivano prevalentemente impiegati in posizioni di stazionamento (postazioni fisse) o comunque poco mobili, con funzioni di agguato ai mezzi navali, anche in emersione. Solo nella seconda guerra mondiale i tedeschi svilupparono tecniche d'attacco dei sommergibili, aggregando i sommergibili in branco di lupi.

Per la caccia ai sommergibili, nella prima guerra mondiale, vennero realizzati ed impiegati mezzi veloci, agili, di ridotte dimensioni e fortemente armati. L'industria militare italiana sviluppò motoscafi dotati di siluri o di cannone, sempre armati con mitragliatrici e bombe di profondità, in grado di individuare rapidamente i sommergibili ed attaccarli. Questi mezzi furono impiegati anche durante il secondo conflitto mondiale, temuti ed imitati dalle altre nazioni belligeranti. I M.A.S. della serie 9 vennero dotati di due potenti motori Isotta Fraschini, collegati ognuno ad un albero ad elica.

L'azione

Dopo quattordici ore di navigazione, alle 22:00 del 10 febbraio, i tre M.A.S. iniziarono il trasferimento dalla zona compresa tra l'isola di Cherso e la costa istriana sino alla baia di Buccari dove, secondo le informazioni raccolte dal Servizio Informazioni dell'Esercito italiano, sostavano unità austriache sia mercantili sia militari.

I M.A.S. riuscirono a penetrare per oltre 80 chilometri tra le difese costiere nemiche e, imboccando la stretta della Farasina, senza che la batteria di Porto Re li scorgesse, raggiunsero la baia di Buccari, dove lanciarono sei siluri contro alcune navi avversarie. Cinque siluri non esplosero, impigliandosi nelle reti di protezione dei piroscafi alla fonda, mentre uno, esplodendo, diede l'allarme. Le unità italiane riuscirono successivamente a riguadagnare il largo tra l'incredulità dei posti di vedetta austriaci, che non credevano possibile che unità di superficie italiane fossero state in grado di entrare fino al porto, e quindi non reagirono con le armi ritenendo che le unità in transito fossero naviglio austriaco.

I risultati

Dal punto di vista tattico-operativo, l'azione fece emergere la totale mancanza di coordinamento nel sistema di vigilanza costiero austriaco e le numerose lacune difensive presenti, che resero possibile questa audace azione dei marinai italiani.

L'impresa di Buccari ebbe una grande risonanza, in una fase della guerra in cui gli aspetti psicologici stavano acquistando un'incredibile importanza. A tale episodio venne data particolare enfasi da parte di Gabriele d'Annunzio, che con trasporto emotivo partecipato contribuì notevolmente alla diffusione della notizia di tale azione lasciando tra l'altro nel mare davanti alla costa nemica, tre bottiglie ornate di nastri tricolori recanti un satirico messaggio così composto:

«In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d'Italia, che si ridono d'ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre a osare l'inosabile. E un buon compagno, ben noto - il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro - è venuto con loro a beffarsi della taglia».

Per l'Italia, l'eco della riuscita nell'impresa fu notevole, aumentando lo spirito dei soldati e della popolazione. L'entusiasmo avrebbe raggiunto il culmine pochi mesi dopo, con il famoso Volo su Vienna. Dell'avventura della Baia di Buccari resta un libriccino edito nel 1918 dai consueti editori dannunziani, i Fratelli Treves, dal titolo: La Beffa di Buccari - con aggiunti La Canzone del Quarnaro, Il catalogo dei Trenta di Buccari, Il Cartello Manoscritto e Due Carte Marine.

Il racconto dell'azione da parte di d'Annunzio è insolitamente stringato e partecipe e si fa leggere piacevolmente. Il testo è completato dalla strofe de La Canzone del Quarnaro che, al tempo, ebbe notevole fama (successivamente il testo fu musicato da Luigi Dallapiccola nel 1930).

Tratto da : wikipedia.org/