I ricordi di Giacomo Bartoli detto Mino
Lettera del Comandante Giacomo Bartoli (Mino) uno dei più valorosi comandanti partigiani della bergamasca.
Ferito alla testa, di cui restano i ricordi con alcune schegge nella testa e decorato dagli Alleati per le sue imprese così ricorda la resistenza :
“Il Generale Cadorna comandante del CVL, molto prima che finisse la Seconda guerra mondiale, aveva messo in guardia gli alleati, per le mire palesi dei partigiani comunisti, i cosiddetti garibaldini, di usare le armi degli aviolanci per una rivoluzione avente lo scopo ci conquistare il potere, e consegnarla a Stalin. Per propaganda del PCI, la guerra partigiana doveva essere un’esclusiva del partito.
E poiché le formazioni di altro colore rappresentavano una concorrenza che doveva essere evitata, i comandanti garibaldini avevano ricevuto l’ordine di farle passare dalla loro parte con le buone o con le cattive. E così molti partigiani che si erano opposti, vengono fucilati come avvenne soprattutto in Emilia Romagna, nel Friuli, in Piemonte ed in Liguria. Per il PCI, l’Esercito italiano di Liberazione che dopo l’otto settembre 1943 si era formato nell’Italia meridionale combattendo a fianco degli Alleati per quasi due anni con moltissimi caduti, era arrivato al nord come il maggiore concorrente.
Ma nell’impossibilità di eliminarlo, venne cancellato dalla storia, per cui la ricorrenza del 25 aprile è rappresentata solo dallo sbandieramento di labari rossi e non rappresenterà mai una riappacificazione fra gli italiani.
Che cosa accadeva ?
Che gli alleati, per evitare il più possibile le proprie perdite, per “liberare” una zona o una città, ricorrevano ai bombardamenti, e solo dopo alcuni giorni, sicuri che i fascisti e tedeschi si fossero ritirati verso nord, prendevano possesso dei centri abitati. Ma in quel breve lasso di tempo, i partigiani erano scesi dalle montagne ad occuparli. A questo punto la propaganda del PCI entrava immediatamente in funzione, affermando che quelle località erano state liberate dalle loro truppe. Così, per moltissimi anni, l’Esercito italiano di Liberazione rimase quasi completamente in ombra e solamente in questi ultimi tempi ha ricevuto un timido riconoscimento.”
Storia in Rete No. 41 del marzo 2009, pag. 96
Ferito alla testa, di cui restano i ricordi con alcune schegge nella testa e decorato dagli Alleati per le sue imprese così ricorda la resistenza :
“Il Generale Cadorna comandante del CVL, molto prima che finisse la Seconda guerra mondiale, aveva messo in guardia gli alleati, per le mire palesi dei partigiani comunisti, i cosiddetti garibaldini, di usare le armi degli aviolanci per una rivoluzione avente lo scopo ci conquistare il potere, e consegnarla a Stalin. Per propaganda del PCI, la guerra partigiana doveva essere un’esclusiva del partito.
E poiché le formazioni di altro colore rappresentavano una concorrenza che doveva essere evitata, i comandanti garibaldini avevano ricevuto l’ordine di farle passare dalla loro parte con le buone o con le cattive. E così molti partigiani che si erano opposti, vengono fucilati come avvenne soprattutto in Emilia Romagna, nel Friuli, in Piemonte ed in Liguria. Per il PCI, l’Esercito italiano di Liberazione che dopo l’otto settembre 1943 si era formato nell’Italia meridionale combattendo a fianco degli Alleati per quasi due anni con moltissimi caduti, era arrivato al nord come il maggiore concorrente.
Ma nell’impossibilità di eliminarlo, venne cancellato dalla storia, per cui la ricorrenza del 25 aprile è rappresentata solo dallo sbandieramento di labari rossi e non rappresenterà mai una riappacificazione fra gli italiani.
Che cosa accadeva ?
Che gli alleati, per evitare il più possibile le proprie perdite, per “liberare” una zona o una città, ricorrevano ai bombardamenti, e solo dopo alcuni giorni, sicuri che i fascisti e tedeschi si fossero ritirati verso nord, prendevano possesso dei centri abitati. Ma in quel breve lasso di tempo, i partigiani erano scesi dalle montagne ad occuparli. A questo punto la propaganda del PCI entrava immediatamente in funzione, affermando che quelle località erano state liberate dalle loro truppe. Così, per moltissimi anni, l’Esercito italiano di Liberazione rimase quasi completamente in ombra e solamente in questi ultimi tempi ha ricevuto un timido riconoscimento.”
Storia in Rete No. 41 del marzo 2009, pag. 96