Lo "stile" della neo repubblica (1947 - 48)

lo stile della neo repubblica 1947-1948
lettera di Indro Montanelli


Riproponiamo una lettera di Indro Montanelli sulla prima pagina del settimanale “Candido”, diretto da Giovannino Guareschi (n. 2 dell’ 11 Gennaio 1948).

LE ANGHERIE DELL’AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA ITALIANA A LISBONA CONTRO IL RE IN ESILIO A CASCAIS.
Tolto il passaporto ai salesiani “rei” di aver invitato il Re ad una festa del collegio, aperte le lettere destinate a Umberto II….

Cari Amici,
poiché il vostro è l'unico giornale in cui sia consentito a un monarchico come me di scrivere la parola Re con la R maiuscola - diritto riconosciutomi perfino dalla Costituzione testè approvata - permettetemi di segnalarvi quanto segue:
Qui a Lisbona c'è un Ministro d'ltalia che, tanto per non fare nomi, si chiama Grossardi: il quale tempo fa, avendo saputo che alcuni salesiani nostri compatrioti avevano invitato Umberto II a una piccola festa per i ragazzi del loro collegio, li mandò a chiamare e tolse loro il passaporto. “Nenni mi ha mandato qui a ripulire la stalla”, rispose a chi avanzava qualche dubbio sulla correttezza di un tale procedimento. Poco dopo il viceaddetto aeronautico Cap. Moschino, dovendosi recare in Italia, fece sapere al Re che volentieri gli avrebbe portato della posta, Il Re lo ringraziò e scrisse a un suo corrispondente di Roma di affidare pure le lettere al suddetto Capitano, se aveva da mandarne. Così fu fatto.
Il Cap. Moschino giunse a Lisbona con una trentina di lettere, che furono immediatamente sequestrate dal Ministro Grossardi, aperte e mai più consegnate al destinatario.
Queste cose non mi sono state raccontate dal Re, dal quale sono stato e mi sono trattenuto a lungo proprio l'antivigilia della morte di Suo Padre. Me le hanno raccontate, con orrore, gli italiani di Lisbona, alcuni dei quali sono repubblicani (ma galantuomini bene educati) e con ancora più orrore i portoghesi, i quali si affrettarono a far sapere al governo di Roma che, sin quando Umberto era ospite di casa loro, non avrebbero consentito a nessuno, italiano o non italiano, ministro o non ministro, di mancargli di rispetto.
Il Ministro Grossardi fu una fervida camicia nera del ventennio. Nulla di male, visto che camicie nere, più o meno fervide, nel ventennio lo siamo stati tutti o quasi tutti. Nulla di male nemmeno che a un certo punto egli abbia sostituito alla cimice littoria quella socialista.
Il guaio comincia dal momento in cui, come conseguenza di quanto sopra, egli si credette in dovere di cambiare il cilindro che, come rappresentante di Sua Maestà, portava idealmente in capo, col basco suggeritogli dal nuovo gerarca di palazzo Chigi, Pietro Nenni, e di intonare a quell’arnese di dubbio gusto tutto il suo nuovo modo di essere e di comportarsi. Perché se la morale politica può anche consentire a un monarchico di diventare repubblicano, la morale comune vieta a chiunque di aprire la posta altrui. Né credo che ci sia qualcuno, fra i contribuenti italiani monarchici o repubblicani che siano, disposto a pagare un ministro quarantamila "escudos" al mese, cioè la bellezza di un milione di lire, per assolvere il modesto compito di ritirare il passaporto a dei padri salesiani e di rubare le lettere a un Re esiliato, la cui assoluta correttezza è riconosciuta dai suoi
stessi avversari. Ma soprattutto penso che non ci sia nessun italiano felice di sapere che un loro Ministro si è fatto deplorare per villania dal governo straniero presso il quale egli si trova accreditato a rappresentare non solo i nostri interessi, ma anche il nostro buon nome di persone civili.
Grossardi ora è stato silurato, e questa lettera potrebbe quindi sembrare pleonastica.
Senonché egli ha annunciato che, rientrando in Italia, si presenterà alle elezioni nella lista dei nenniani. È il suo posto.
E ora un'altra cosuccia. Nel lungo colloquio che ebbi col Re, Egli mi domandò di varie cose d'ltalia, fra cui anche dei fatti di Milano. E disse a un certo punto con ammirevole ingenuità: “Me ne dispiace proprio per Troilo, che è una così brava persona. Lo conobbi mentre combatteva con la sua “Maiella” ed era un bravo soldato. Anzi ricordo che mi scrisse una nobilissima lettera per dirmi che la Medaglia d'Oro lui non avrebbe potuto accettarla che dalle mani “del suo Re”. A questo punto non ebbi più il coraggio di dire a Sua Maestà che la defenestrazione di Troilo era stata interpretata dalle sinistre milanesi come un oltraggio alla repubblica e al suo più fedele paladino.
Vedete un po’ quante cose si vengono a sapere sull'Italia, quando si va fuori d’Italia.

Indro Montanelli