La brutale repressione antimonarchica a Napoli

La brutale repressione antimonarchica a Napoli
I morti di Via Medina

Nel corso del referendum istituzionale del 2 Giugno 1946 Napoli aveva dato l'83% dei voti alla Monarchia.
Il Re Umberto II aveva visitato la fedelissima città pochi giorni prima del referendum, accolto da una folla di 300.000 persone acclamanti. Il popolo aveva occupato la Prefettura per issare il Tricolore sabaudo che il Prefetto, nominato dai partiti, non aveva voluto esporre.
Quando, a urne chiuse, cominciarono a diffondersi notizie di brogli a danno della Monarchia soprattutto nel Centro e nel Nord, i napoletani, a partire dal 5 Giugno, scesero in piazza invocando il Re.


Gli ausiliari dell'allora Ministro dell'Interno Romita (ex partigiani di chiara matrice socialista o comunista), osteggiati dalla gente, operarono delle repressioni sempre più violente.
Nei giorni 9, 10 e 11 Giugno furono impiegate addirittura le autoblindo per disperdere la folla. A via Medina, in una furiosa battaglia sotto la federazione comunista si ebbero 9 morti, tutti molto giovani, e oltre 150 feriti… tutti di parte monarchica !
Sui sanguinosi fatti di Napoli (giovani monarchici caduti anche in altre parti della città) calò il silenzio, (che dura anche oggi) e non ci furono processi. Si parlò al tempo di teppisti.

Le cronache degli scontri dal quotidiano “ITALIA NUOVA”, diretto da Enzo Selvaggi

8 Giugno 1946
Numerosi morti e feriti a Napoli provocati dagli agenti mandati dal Nord
Bandiere nei quartieri popolari
Dopo gli incidenti della giornata, Napoli all'alba di oggi si è risvegliata in uno sventolio di bandiere tricolori con lo stemma sabaudo. Specialmente nei quartieri popolari si può dire che non c'era balcone senza la sua bandiera. Il fenomeno di questa manifestazione spontanea, checché se ne pensi e malgrado le deformazioni, non può che riuscire profondamente significativo....
A questo proposito vorremmo che le autorità si preoccupassero di evitare zeli eccessivi, specie da parte di taluni reparti di polizia ausiliaria composti da nativi dell'Italia settentrionale. Il contegno di taluni di questi ha contribuito moltissimo ad aumentare 1'eccitazione popolare. Alcuni reparti montati su autocarri hanno percorso le vie della città cantando "Bandiera Rossa". Da ogni parte ci vengono segnalati episodi di violenza e di mancanza di calma.

Sopraffazioni brutali
Alle ore 16.30 di oggi, durante una pacifica manifestazione di popolane e ragazze in via Vergini, un bambino di 12 anni è stato violentemente colpito alla testa da un colpo di manganello usato da un ausiliario della polizia. II ragazzo e morto e il cadavere è rimasto al centro della strada per oltre un'ora tra l'eccitazione popolare vivissima.
Il presidente dell'U.M.I. ha richiesto al Questore di far rientrare i reparti di polizia ausiliaria e della Celere, i quali per la loro particolare violenza vengono indicati dalla folla come la "pulizia repubblicana". Il presidente dell'U.M.I. ha fatto presente che declina ogni responsabilità relativamente all'ordine pubblico.
Nella mattinata si è improvvisamente formato in grande corteo in piazza Carlo III con bandiere e ritratti di Re Umberto. Il corteo si e diretto verso Porta Capuana, il rettifilo, l'Università. Nei pressi dell'edificio universitario la Celere è intervenuta facendo uso delle armi contro la folla. Ne è nato un violento conflitto nel corso del quale la Celere e rimasta sopraffatta. Reparti di truppa armata, intervenuti nella piazza, hanno bloccato le strade e hanno tentato di disperdere i dimostranti. Si lamentano due morti e numerosi tra i feriti sono in condizioni disperate; Russo Carlo fu Ciro, ferito da arma da fuoco al cranio e Cristiano Vincenzo fu Antonio, colpito da proiettile al basso venire. Numerosi dimostranti hanno riportato ferite al cuoio capelluto e al volto, provocate dai manganelli della polizia ausiliaria.
A sera la situazione in città permane gravissima. Sembra che la polizia non sia più in condizione di controllare completamente l'ordine pubblico. I manifestanti in via Roma erano decine di migliaia. Anche in questa strada la polizia alleata ha sciolto gli sbarramenti di polizia ausiliaria e ha fiancheggiato il corteo dei dimostranti.

11 Giugno 1946
Un corteo di 100 mila persone percorre le vie di Napoli
Qualunque cosa possa accadere, queste giornate di giugno rimarranno memorabili. Domenica, un imponente corteo da Piazza Carlo III si è diretto attraverso Via Foria, Via Museo, Via Roma, a Santa Lucia, dove alcuni dimostranti hanno parlato alla folla. Si verificavano scene di grande commozione. I dimostranti sfilavano sotto una pioggia di fiori tra due ali di folla plaudente. Ieri mattina si sono avuti numerosi incidenti presso le edicole dei giornali dove era esposto L'Avanti! Il giornale socialista ha riportato ridicole calunnie e ha scritto che a Napoli le squadre monarchiche saccheggiano i magazzini, che i Carabinieri fanno causa comune coi dimostranti, che i viveri mancano e che i cittadini vengono aggrediti e percossi. La popolazione, giustamente indignata, ha sequestrato le copie del giornale e molte ne ha affisse sui muri con la dicitura: “E' vero?”.
Il prefetto di Napoli e stato costretto a smentire. Nel pomeriggio sono stati celebrati i funerali delle vittime degli incidenti dei giorni scorsi. Veramente grandiosi sono stati quelli di Carlo Russo, dodicenne, ucciso da una raffica di mitra.

13 Giugno 1946
Il fermento popolare a Napoli aumentato per le sanguinose repressioni
La situazione, a Napoli, si è aggravata! Le conseguenze sanguinose degli incidenti verificatisi martedì sera, hanno portato l'esasperazione della popolazione napoletana a tale grado per cui è da temere che nei prossimi giorni e nelle prossime ore, anche se sono state proibite manifestazioni, dimostrazioni etc., i disordini possano trasformarsi in moti anche più gravi.
Ci sono stati dei morti, bisogna ricordarlo, e continuano gli scontri che provocano altri morti, perché da una parse si sostiene il diritto di poter liberamente manifestare la propria opinione e di opporsi ai risultati incerti di una votazione, mentre dall'altra si vorrebbe fare accettare una situazione politica nazionale che non è ancora chiara e convincente.
Ed eccoci ora alla cronaca degli incidenti di martedì sera. Doveva essere la giornata della repubblica, ma Napoli di questa festa non s'è accorta. I negozi erano aperti e la vita della città si è svolta normalmente fino alle ore diciannove.
In quest'ora apparve in Via Medina un corteo di dimostranti che transitava per raggiungere il centro della città. Altri cortei si erano formati nei quartieri più popolari della periferia e si dirigevano verso il centro. In Via Medina c'è la sede napoletana del PCI. Una bandiera rossa sventolava ad una finestra ed un'altra tricolore senza lo stemma sabaudo, era esposta ad un'altra finestra. Le poche forze di polizia che stazionavano a protezione della sede, intuirono subito quali conseguenze avrebbero provocato quelle due bandiere. Così si disposero subito a difesa del portone che dà accesso alla sede. La folla dei dimostranti diede subito a capire che intendeva togliere dalle finestre le due bandiere. Le versioni su questo memento sono diverse e contrastanti. E' un fatto che, subito avvertite, altre forze di polizia con camionette e autoblindo giunsero sul luogo. D'improvviso il grido della folla venne interrotto dallo schianto provocato dallo scoppio di una bomba. Dopo un primo momento di perplessità, i dimostranti tentarono di sfondare il portone. Le forze di polizia che forse temevano d'essere sovverchiate aprirono il fuoco. Molti caddero a terra feriti. Seguì un silenzio profondo che durò un attimo.
E infatti si diradarono dirigendosi verso l'una o l'altra parte di Via Medina. Ma a terra giacevano e lanciavano grida orrende di dolore. Altri feriti, meno gravi, stimolavano invece i dimostranti a continuare nella lotta.
Intanto la notizia della sparatoria in Via Medina, s'era diffusa in città. I dimostranti degli altri cortei che già avevano raggiunto il centro appreso ciò che stava avvenendo, invertirono la loro marcia e si dirigevano verso Via Medina. L'arrivo delle nuove colonne di dimostranti provocò il rinnovarsi della lotta che è durata per circa due ore. La polizia ha fatto ancora uso delle armi centro i dimostranti i quali provvedutisi, in un deposito alleato vicino, di fusti vuoti di benzina, si son serviti di questi per proteggersi. C'è chi ha tentato con un bidone di benzina di appiccare il fuoco al portone della casa dove ha sede il PCI.
Le autoblindo e le camionette cariche di agenti hanno compiuto diverse evoluzioni nella strada e nelle vicinanze per cercare di rompere il cerchio della massa dei dimostranti. Ma appena l'intenzione delta polizia si rivelò, alcuni dimostranti hanno bloccato l'accesso di Via Medina con due vetture tramviarie. Una donna caduta a terra a seguito all'ondeggiamento della folla, è finita sotto un'autoblindo. La lotta continua ancora alle ventidue. Altre bombe vennero lanciate e altre raffiche di mitra vennero sparate dalla polizia. Poi la folla dei dimostranti ha cominciato a defluire dall'una e dall'altra parse di Via Medina non senza aver prima raccolti i morti e i feriti i quali vennero tutti trasportati agli ospedali.
Il triste bilancio della giornata di martedì è il seguente: all'ospedale dei Pellegrini sono stati trasportati 7 morti e 112 feriti dei quali 51 in condizioni assai gravi, all'ospedale degli Incurabili è stato trasportato un morto e 12 feriti. Le forze di polizia hanno avuto feriti 12 carabinieri, 5 agenti e 2 soldati.
Dei 51 feriti gravi, 10 sono deceduti. Così i morti ascendono a 18. Un marinaio, inoltre, è morto all'Ospedale della R. Marina dove sono stati ricoverati altri tre feriti.
E chi aveva ordinato alle forze di polizia di sparare sulla folla? Un membro del Governo: il Sottosegretario di Stato Giorgio Amendola, il quale ha creduto di avere veste e autorità per sostituirsi al Prefetto e al Questore di Napoli. Senonché la notizia di questa iniziativa è trapelata e il Comando alleato ha provveduto all'immediato arresto del comunista Amendola che era giunto a Napoli per tenere comizio repubblicano oggi in piazza Plebiscito. Comizio che non ha più avuto luogo in seguito alle disposizioni emanate dal Prefetto della città. Non appena si è conosciuta la notizia dell'arresto del Sottosegretario Amendola, e le ragioni che l'avevano determinato, una viva indignazione si e diffusa tra la popolazione napoletana. C'è voluto l'intervento del Governo italiano perché il comando alleato decidesse il rilascio dell'arrestato.
Questo episodio ha gravemente influito e influirà sullo sviluppo della situazione napoletana che e più che mai tesa e difficile. La popolazione trae conclusioni poco edificanti dalla leggerezza o dalla troppo meditata iniziativa di un membro del Governo che si è assunto l'arbitrio di far sparare sulla folla, mietendo vittime fra donne e giovani.
Numerosi episodi di violenza da parte della polizia vengono segnalati. In Piazza Carità alle 10 un gruppo di cinque persone era presso un'edicola quando si fermava improvvisamente una camionetta di “ausiliari” i quali senz'altro si davano a colpire coi manganelli i pacifici cittadini. Un vecchio e una ragazza, caduti a terra, sono stati ancora ripetutamente malmenati coi calci di fucile, fra l'indignazione dei presenti.
Gli edifici pubblici sono presidiati dalla forza pubblica e numerose pattuglie perlustrano le vie del centro. L'autorità giudiziaria ha ordinato un'inchiesta sugli avvenimenti di Via Medina, dando incarico al sostituto procuratore del Re Cav. Giancotti di procedere all'interrogatorio dei feriti. Sono in corso le perizie medico-legali per accertare se le ferite riportate dai carabinieri e dai marinai provengono o meno dai militi della polizia ausiliaria. Continuavano intanto le autopsie dei cadaveri.