Dal Luglio 1900, l’Italia era entrata in una nuova fase.
Questa, era divenuta realtà infatti, a causa del malaugurato assassinio del Re Buono a Monza. La poesia d’Italia - come l’avevano definita i poeti dell’epoca - si era guastata, e Vittorio Emanuele III, divenuto Re, invece di riassestare lo Stato, tornando a rappresentarne la centralità dello Stato secondo quanto previsto dallo Statuto Albertino - sulle ali del consenso popolare che si era stretto attorno alla Corona, indignato dalla bassezza dell’atto criminoso a sfondo terroristico del Bresci - preferì, conservare istituzioni basate sulla centralità del Parlamento, confermando la linea fortemente Costituzionale voluta e perseguita dal Padre. Un atto che possiamo definire di fiducia nel suo Popolo.
Non volle rappresaglie e non indisse neppure nuove elezioni come molti avrebbero desiderato, per trarre vantaggio dal malumore popolare provocato dal Regicidio. I risultati delle ultime elezioni politiche, svoltesi a giugno di quell’anno, vedevano infatti questa situazione :
Destra di Governo 663.418 voti, pari al 52,3 % delle preferenze
Sinistra Liberale (opposizione costituzionale) 271.698 voti, pari al 21,4 %
Socialisti 164.946 voti, pari al 13 %
Sinistra Radicale 89.872 voti, 7,1 %
Repubblicani 79.127 voti, 6,2 %
In questi risultati, i tre partiti di estrema opposizione insieme, rappresentavano il 26,3 % delle preferenze, avrebbero - in caso di nuove elezioni - verosimilmente pagato un grave dazio, in favore della Sinistra Liberale e forse anche della Destra al Governo per il motivo su indicato.
Vittorio Emanuele al contrario, giudicò il momento propizio addirittura ad un cambio di vertice del Governo (l’atto di fede di cui parlavamo poc’anzi nel suo popolo, che avrebbe rinnovato più volte in 46 anni di Regno). Ebbe così inizio il periodo d’oro di Giolitti e della sua Sinistra Liberale.
Questi, attuò da subito una politica molto conciliativa, fatto che riuscì ad attenuare molte tensioni nel Paese e ad attrarre nell’ambito legalitario alcune fazioni dei partiti estremi. Ciò consentì complessivamente un buon lavoro di riforme e il miglioramento delle condizioni generali economiche e sociali della Nazione, con il solo grosso difetto di accarezzare troppo i Socialisti, nella speranza che essi si contenessero.
Il Governo in pratica, dava l’impressione da un lato, di lasciarli fare nella convinzione che venissero a miti conigli, dall’altro lato - più fatalista - nella sostanziale convinzione che tanto, alla lunga il socialismo avrebbe vinto, portandosi in dote la repubblica, e che quindi non era il caso di scaldarsi troppo per opporvisi. Un modo più o meno evidente, di vivere alla giornata tamponando gli eccessi.
Il risultato in pochi anni fu vistoso, dai quasi 165.000 voti del 1900, i Socialisti, passarono ai 326.000 del 1904 (21 % circa), ed ai 347.000 del 1909 (19 % circa).
Giolitti comunque, vecchia volpe, sfidò questo stato di cose, osando addirittura l’introduzione del suffragio universale (seppur maschile) nel biennio appunto, 1912 -13 !
Questa mossa, all’apparenza folle per le forze di governo, fu di fatto la battuta d’arresto dei Socialisti, dopo oltre 10 anni di successi !
La lievitazione dell’elettorato, con un aumento dei voti validi da 1.830.000 voti del 1909, agli oltre 5.014.000 voti del 1913, fortemente voluto ed atteso dai Socialisti per fare il pieno delle preferenze tra il popolo, e sedersi al Governo del Paese ribaltando gli equilibri e l’egemonia della maggioranza di allora, si risolse per loro in un fiasco tremendo. Vero è che i voti socialisti, passarono a quasi 1.147.000, ma è anche vero, che percentualmente, il Socialismo, rimase sostanzialmente al palo, attestandosi a meno del 23 % in totale delle preferenze ! Un nulla di fatto insomma.
Cos’era successo ?
Era successo che la parte maggioritaria dei “nuovi” elettori, appartenevano - in una società principalmente ancora basata su una economia agricola - alla classe contadina. Questi, a maggioranza piccoli proprietari terrieri al nord, e cattolicissimi lavoratori e braccianti al sud, legati a doppio spago ai grossi latifondisti da generazioni, preferirono accordare la loro preferenza a quelle forze politiche maggiormente garanti della loro protezione e dello status quo !
Fu la fine di molte “speranze” socialiste, e l’inizio della fase culminante della tensione, che ebbe termine nel 1914 con il periodo definito “settimana rossa”
In questa “famosa” settimana, si arrivò a far saltare ponti, a bruciare municipi e prefetture, ad alzare alberi della libertà, a proclamare repubbliche cittadine (es. quella di Fusignano) e a saccheggiare ed incendiare numerose Chiese. Questo fu il fenomeno Socialista in quel determinato momento storico, e non possiamo nasconderlo.
Dal 1900 al 1914 infatti, il Partito Socialista, sfrutta e monetizza con intelligenza ogni possibile occasione, concessa come abbiamo visto da un Governo “molle”. Lo stesso Partito “gestisce” il sindacato e gli scioperi, …due armi extraparlamentari, per moltiplicare virtualmente, ma di fatto, i seggi in Parlamento, condizionando fortemente le scelte della maggioranza governativa, al di sopra delle regole, …anzi, contro le regole !
Certo non tutti i Socialisti erano dei facinorosi, anzi, nella maggioranza erano sicuramente brave ed oneste persone, ma ricordiamolo ancora, in totale costoro erano meno del 23 % dell’elettorato, ma si permettevano dall’alto della loro utopia politica e del loro rigore ideologico, di imporre - complice la svogliatezza del Governo - la propria volontà a di sopra delle Leggi e della Democrazia, facendo uso di violenza ed intimidazione.
Alberto Conterio (da “Dalle Corone al Caos” di Franco Malnati)