Giugno 1848 - L’Armata Sarda in Stallo
La caduta di Padova, Treviso e Palmanova
Padrone di Vicenza, il Feldmaresciallo Radetzky insiste nella riconquista delle città venete rivoltose, procedendo verso Padova e Treviso con una parte delle sue forze, mentre personalmente rientrava velocemente con il grosso delle truppe in Verona.
A Padova si trovava il Colonnello Bartolucci, il quale, dopo il richiamo ufficiale al Generale Ferrari da parte del Papa, comandava ormai i “volontari dello Stato Pontificio”. Poiché però, queste milizie, erano scarse di numero e di armamenti, e non potendo garantire una efficace azione difensiva della città, Bartolucci, con spirito di responsabilità verso la popolazione e senso tattico, preferì condurre queste truppe a Venezia, lasciando alla municipalità cittadina l’onere di trattar con il Generale D’Aspre la resa. Questi entro in Padova senza colpo ferire il giorni 13 giugno 1848.
Diversa la situazione a Treviso, dove la città era presidiata dalla colonna “Zambeccari”, dai volontari lombardi e siciliani di Giuseppe La Masa, che decisero inizialmente per la resistenza. Quando si ebbe però, notizia degli avvenimenti di Padova, venne deliberato di fare altrettanto ritirandosi su Venezia, ma la decisione fu sufficientemente tardiva, da restare intrappolati dalle truppe austriache del Generale Welden. Si evitò comunque il combattimento, che sarebbe stato inutile e senza nessun risultato, decidendo di capitolare. Il Generale Welden, reso magnanimo da questo “favore”, accordò alla guarnigione ed alla città le stesse condizioni imposte a Vicenza.
Dopo Treviso, capitolo Mestre ed infine Palmanova. Quest’ultima, occupata dal Generale e Principe Liecthenstein capitolò il 24 giugno 1848. La Piazza, comandata dal Generale Zucchi, e difesa da un centinaio di cannoni con un presidio di millecinquecento uomini, dalle Guardie civiche e da una compagnia d'artiglieri piemontesi, si trovava bloccata fin dagli ultimi giorni di aprile, ma avrebbe potuto resistere ancora molto tempo se non fosse stato per le gravi condizioni patite dalla popolazione. La gente era infatti stanca e affamata. Non vi era più denaro, e scarseggiavano i generi alimentari primari.
Il Colonnello Giuseppe Kerpen austriaco, accordò la resa alle le medesime condizioni avute da Vicenza e Treviso. Così il Generale Zucchi s'impegnò a tornare a Reggio nell'Emilia, sua terra natale senza più combattere. Delle città del Veneto rimanevano libere soltanto Osoppo, inaccessibile sui monti, e Venezia, difesa dalle lagune.
In quattro mesi di guerra gli le truppe Piemontesi e i volontari accorsi da ogni luogo d’Italia, avevano fornito sul campo, prove di grandissimo valore, ma essendo il disegno generale della guerra improvvisato, perché scoppiata senza una vera programmazione e preparazione, ci si trovò ben presto senza reali obiettivi strategici preordinati. I volontari in generale non guidati o agli ordini di un comando generale, operavano senza un piano coordinato. L’Armata Sarda poi, dopo le prime gloriose vittorie, trovandosi lontana dai suoi accantonamenti e depositi, e non avendo anch’essa un piano prestabilito, si risolse ad attendere prudentemente, ...a non osare, cadendo ben presto nell’inerzia. Grave fu non aver predisposto un servizio informativo efficace, con il risultato che l’Esercito dopo la battaglia di Goito perse il contatto con il nemico, perdendo di fatto non solo l’iniziativa, ma la stessa “vista” attorno a se, senza più sapere con certezza ciò che il nemico stava facendo e cosa accadeva agli “amici” nella regione intorno !
Nell’attesa dell'offensiva che doveva avvenire il 4 mattina e non effettuata dopo aver saputo che gli austriaci avevano evacuato il campo, i piemontesi persero 3 giorni per capire che gli austriaci si erano diretti verso Legnago. A questo punto, ci vollero altri tre giorni per architettare un nuovo piano operativo con le poche informazioni disponibili, decidendo di muovere in forze verso Rivoli, impadronirsene e rafforzare così la sinistra dello schieramento. Uno schieramento che, purtroppo aveva ricominciato nuovamente ad allungarsi troppo.
Rivoli fu tuttavia occupata il 10 giugno e il giorno dopo fu presa anche Corona.
A Rivoli Carlo Alberto fu informato che Verona era quasi interamente sguarnita di forze, perché da un dispaccio del Generale Durando, seppe che Radetzky era in forze davanti a Vicenza.
Si stabilì quindi di assalire Verona per costringere il Feldmaresciallo Radetzky ad abbandonare l’assedio di Vicenza, senza sapere che la città stava cadendo in quelle ore.
L’esercito piemontese, concentrato a Villafranca la sera del 12, e senza informazioni fresche, si preparò all’offensiva, che inizio nel pomeriggio del 13. Il movimento delle truppe però venne interrotto quasi subito, a causa di un forte temporale.
L’assalto di Verona quindi venne ancora rimandato alla mattina del 14 giugno 1848 !
Troppo dardi, in quanto la sera del 13 stesso, giunse al quartier generale piemontese la notizia della resa di Vicenza, avvenuta la mattina di due giorni prima, e dell'immediato ritorno a Verona delle colonne austriache.
Ancora una volta, il quartier generale venne assalito dalle incertezze date da informazioni carenti e tardive, quindi da indecisioni che causarono ulteriori ritardi.
Di fatto, si era caduti in stallo perdendo una serie di buone ed ottime occasioni per chiudere la partita con il nemico prima che questi riorganizzandosi potesse far pesare tutta l’organizzazione e la potenza dell’Impero. Le operazioni militari entrarono così in una fase d'inattività che durò circa un mese. Un mese sfruttato dagli austriaci - ormai con le spalle al sicuro e le linee di comunicazione libere - per organizzarsi, ricevere rinforzi e rifornimenti materiali.
Ben fortificati a Verona, non solo non temevano più i piemontesi, ma stavano preparando la riscossa con un’offensiva in grande stile !
Alberto Conterio