Fazioni ideologiche a Milano 1848


Fazioni ideologiche a Milano 1848
Mazzini - Cattaneo - Casati

Giuseppe Mazzini, avuta notizia dei moti italiani, era partito dalla Francia ed era giunto a Milano l'8 aprile, appena in tempo per leggere fresco di stampa il proclama del re. Nell'infuriare dei partiti, il grande agitatore fornì invece, iniziale prova di patriottismo, predicando la concordia, senza la quale non si sarebbe potuto vincere lo straniero. Il suo contegno fu così "riservato" e così "moderato", da farlo giudicare da una parte, di Carlo Cattaneo, come "un venduto al Re sabaudo", e all'altra da far concepire ai consiglieri di Carlo Alberto la speranza di "tirare dalla loro parte" il rivoluzionario.


A tal proposito, Mazzini narra egli stesso che, dopo la caduta di Udine, gli giunse dal campo un amico, il quale, in nome del Conte di Castagneto (segretario del re) gli propose di sostenere l'unione del Lombardo-Veneto al Piemonte e di trarre alla parte regia i repubblicani, assicurandogli che Carlo Alberto, nella futura costituzione, avrebbe incluso quegli articoli democratici da lui invocati. Il Mazzini rispose dettando alcune righe, che il sovrano doveva firmare, leggere e diffondere come un "suo proclama" :

"Io sento maturi i tempi per l'Unità della Patria; intendo, o Italiani, il fremito che affatica le anime vostre. Su, sorgete; io precedo. Ecco io vi do pegno della mia fede, spettacolo ignoto al mondo di un re-sacerdote dell'epoca nuova, apostolo armato dell'Idea-Popolo, edificatore del tempio della Nazione. Io lacero nel nome di Dio e dell'Italia i vecchi patti che vi tengono smembrati e grondano del vostro sangue: io vi chiamo a rovesciare le barriere che anche oggi vi tengono divisi e ad accentrarvi in legione di fratelli liberi, emancipati intorno a me vostro duce, pronto a cadere o a vincer con voi".

Era un proclama che Re Carlo Alberto, non poteva fare suo e che questo, il Conte di Castagneto che lo conosceva bene, non accettò.
Dopo questo rifiuto, Mazzini uscì dal "riserbo" e dalla "moderazione" per sostenere i suoi principi repubblicani e per impedire che l'impresa nazionale diventasse puro e semplice ingrandimento d'una monarchia e fondò "L'Italia del Popolo".

Con grande scorno di Mazzini e di Cattaneo però, i più, nella Lombardia e nell'Emilia, erano per l'unione al Regno di Sardegna e a Milano anche gli stessi personaggi, che avevano sognato una repubblica ambrosiana o lombardo-veneta, consideravano ormai l'unione al Piemonte necessaria se si voleva che Carlo Alberto s'impegnasse a fondo contro gli Austriaci. Si era cioè giunti alla conclusione, che solo Casa Savoia aveva i mezzi (sperando bastassero) per sconfiggere il nemico e unire l’Italia.
Anche il Gioberti (rientrato il 30 aprile a Torino dopo quindici anni di esilio) il 7 maggio si recava a Milano e parlava al popolo; favoriva e propagandava l'idea della fusione che, secondo lui, non contrastava con il suo antico programma federale.

I contrasti divennero numerosi, e aspri ad esempio fra gli elementi democratici guidati da Carlo Cattaneo e gli elementi moderati e conservatori guidati dal podestà Gabrio Casati. Questi ultimi fin dal primo giorno di ribellione, pur con ambizioni d'autonomia tutta lombarda, avevano guardato con favore a ad un intervento delle truppe Piemontesi non tanto per simpatia al Sovrano Sabaudo o perché temevano di non farcela senza l'aiuto dei piemontesi, ma per evitare che la vittoria lombarda andasse verso una rivoluzione e un governo democratico repubblicano, per nulla gradito in città in linea generale.
I democratici di Cattaneo in effetti, temevano che l'intervento di Carlo Alberto avrebbe ridotto la guerra nazionale ad una semplice conquista dinastica con il fine ultimo ampliare il proprio Regno.
  
Questi, non ravvisava neppure la necessità di un organo comune tra le varie repubbliche (che sognava), ma riteneva fosse sufficiente il sentimento di necessità e mutuo soccorso di fronte al pericolo straniero !
Carlo Cattaneo era guidato da una forte avversione nei confronti dei vicini Savoia, e a lui veniva attribuito il disegno di una Lega di Stati Italiani, concetto questo sviluppato e pubblicato in diversi scritti apparsi su “Il politecnico”, un periodico di Milano del tempo, in qui si attribuiva alla figura dell’Imperatore d’Austria la presidenza di questa “unione” federale.

Opponendosi radicalmente a tutte queste fazioni, Mazzini puntava più in alto ancora, perché ravvisava un nesso (corretto questo…) tra il frazionamento dell’Italia ed il suo servaggio…. Nell’individualismo degli Italiani stessi  “che si nutre di tutte quelle gelosie, gare e  vanità di città e di municipi, passioncelle abbiette e meschine che brulicano nella penisola come vermi nel cadavere di un generoso”. Secondo Mazzini quindi, tendenza al frazionamento e decadenza italiana camminavano parallele, facendolo giungere alla conclusione che : “solo l’unità e soltanto la repubblica possono assicurare durata alla libertà e all’indipendenza”.

Alberto Conterio