La politica di SM Carlo Alberto di Savoia, Re di Sardegna

La politica di SM Carlo Alberto di Savoia, Re di Sardegna

L'allocuzione Papale e i fatti di Napoli del 15 maggio ebbero gravi conseguenze nel Lombardo-Veneto, dove, prima nei combattenti, poi nella popolazione civile, quel richiamo dell'esercito napoletano e la parola del Pontefice smorzarono l'entusiasmo e destarono (ed era quello che si voleva) scrupoli religiosi… voluti !

Al cattivo andamento della campagna di guerra dell’anno 1848, la politica di Roma e di Napoli certo contribuì non poco, ma vi contribuirono anche i dissensi politici sorti nelle regioni che si erano sollevate contro lo straniero e che le vedevano teatro di guerra.
L'Italia Unita, ad iniziare da questa prima campagna militare, non nacque insomma, grazie alla forza delle proprie armi, e nemmeno per l'impulso entusiastico delle sue popolazioni, ma grazie a tutta una serie di fattori interni catalizzati sapientemente dalla diplomazia Sabauda e grazie a molteplici manovre diplomatiche ed interessi internazionali. Anche questi “cavalcati”con opportunismo dal Piemonte, in alcuni casi, anche contro le utopie rivoluzionarie europee e nazionali.


Ad esempio il primo Ministro del governo inglese Palmerston, esaltava la liberazione d’Italia dagli stranieri, e suggeriva agli austriaci di ritirarsi dalla Lombardia e concedere l'indipendenza ai lombardi (quindi non a Carlo Alberto), così come al governo napoletano anche, di riconoscere l’indipendenza della Sicilia, in quanto l’Inghilterra ordiva di sostituirsi a queste potenze nelle influenze politiche economiche e commerciali in questi territori. Nel caso della Sicilia poi, la sua importanza strategica nel bel mezzo del Mediterraneo stuzzicava non poco le mire britanniche di occupazione o protettorato ! L’isola, infatti, dopo l’occupazione francese dell’Algeria e la costituzione di una base navale ad Algeri, era diventata per gli Inglesi importante per controbilanciare l‘accresciuta potenza navale francese nel Mediterraneo.
Con questa luce occorre guardare al fallito tentativo degli inglesi, di spingere l'isola all'indipendenza durante il periodo napoleonico, Indipendenza di facciata, che dal 1806 fino al 1815 di fatto lo era già diventata e con una costituzione all’inglese; Ferdinando e Maria Carolina a Palermo non comandavano nulla, …erano gli inglesi ad avere influenza sulle decisioni del “governo” !

Differentemente, a Milano vi era opinione molto fondata, che soltanto a guerra finita si doveva pensare all'ordinamento politico, mentre altri caldeggiavano la sollecita unione delle province lombarde e venete al Regno di Sardegna. Altra opinione, avrebbe desiderato che le province liberate si governassero da se con ordinamenti repubblicano (quindi separatamente dal Regno di Sardegna), ed infine la grande maggioranza del popolo operoso delle città, che non si mostrava di sentimenti monarchici o repubblicani a prescindere, ma aveva il solo e pratico interesse di cacciare gli Austriaci. Nelle campagne al contrario, le popolazioni si mostravano perlopiù indifferenti, sia per i disagi della guerra, che immancabilmente nei secoli erano sempre ricaduti su di loro, sia per timore di rappresaglie nemiche in caso di sconfitta.
Soprattutto nelle campagne del veneto poi, vi era una classe sociale, non indigente e borghese, di piccoli proprietari terrieri, proprietari di opifici e piccoli manifatture, che anche per avversione (paura) alla novità, parteggiava per gli austriaci.
Nelle città Venete della terra ferma poi, le classi dirigenti clerico-moderate, il clero, la burocrazia, le gerarchie ecclesiastiche, i nobili e i notabili, non vivevano male, così come qualche piccolo industriale che doveva le proprie fortune agli austriaci come nella zona tessile di Vicenza.

In tutto questo ribollire di idee, opinioni, sentimenti e soprattutto interessi, politici ed economici, Carlo Alberto era asceso in campo, rischiando il proprio Regno con proclami che parlavano di prestare aiuto fraterno e disinteressato alle popolazioni della Lombardia e del Veneto. A Milano, aveva infatti stipulato il compromesso che soltanto dopo la vittoria, la Nazione libera avrebbe deciso del suo avvenire politico. Il Sovrano Sabaudo insomma credeva fermamente nel progetto neoguelfo dell’Italia federale, e religiosissimo com’era, si sarebbe sicuramente accodato ad una presidenza del Papa a suggello dell’Unione. Egli però, non poteva neppure ignorare i “partiti” avversi a ciò, tanto che spinto dal timore che nell'una e nell'altra regione s'istituisse (con tutti quei volontari accorsi) il regime repubblicano (ai confini del proprio Regno), fin dal 6 aprile dettava al suo ministro della Guerra Franzini di scrivere al Governo provvisorio di Milano la lettera seguente:

    "Nel riconoscere il Governo provvisorio residente in Milano e nel trattare con esso, Sua Maestà ha inteso aver che fare con un potere il quale traeva l'autorità, che con tanto patriottismo ha saputo esercitare, dalla forza imperiosa delle circostanze e dal concetto d'ottimi cittadini in cui erano universalmente tenuti i componenti esso Governo. Ma Sua Maestà non può a meno di considerare (ed è lieta di trovarsi in ciò pienamente con il sentimento già pubblicamente e chiaramente espresso dal Governo provvisorio) che solo popolo, che con tanto valore ha saputo di recente liberarsi dal giogo straniero, spetta il sacro diritto di determinare la forma del proprio suo governo. E' perciò desiderio di Sua Maestà che il Governo provvisorio provvede, nel più breve tempo possibile, alla convocazione di quell'assemblea elettiva che dovrà sovranamente decidere dei futuri destini di queste belle province italiane; è pure desiderio di S. M., ed anche in ciò confida trovarsi pienamente d'accordo con le intenzioni del Governo provvisorio, che l'assemblea emani da un sistema di elezioni larghissimo e liberalissimo, in modo che le decisioni possano veramente riguardarsi come l'espressione più sincera del comun voto .... ".

In questo messaggio, Carlo Alberto scioglieva un altro voto di fiducia nel popolo, chiedendo che esso soltanto decidesse il proprio futuro “l'espressione più sincera del comun voto .... ", che si discostasse quindi e per quanto possibile dai demagoghi, che già allora erano al lavoro per “guidare” le menti ed i voleri ai propri fini di alterigia ed egoismo ideologico.

In questa situazione di disinteressata fiducia di Carlo Alberto, pur con tutte le sue attenzioni e remore del caso, l’allocuzione del Papa Pio IX del 29 aprile 1848, calò come una mannaia.

I’8 maggio 1848 comunque, all’inaugurazione del Parlamento Subalpino, riunito a Torino ed eletto il 27 aprile dello stesso anno, attraverso 204 collegi uninominali, Carlo Alberto non ha ancora cambiato rotta; aprendo in quell’occasione, davvero solenne, i lavori, invia al Parlamento il primo “Discorso della Corona” (da allora sempre seguita all’apertura delle nuove legislature) che in sua assenza per la prima guerra d’Indipendenza, è letto dal Luogotenente del Regno nominato; S.A.R. il Principe Eugenio Emanuele di Savoia leggerà infatti : “ In Italia le disgiunte parti, tendono ogni giorno ad avvicinarsi, e quindi vi è ferma speranza che un comune accordo leghi i popoli che la natura destinò a formare una sola Nazione…”

A Milano però, il “partito” degli avversi a Re Carlo Alberto (che era almeno tanto forte quanto l’avversità provata dagli stessi austriaci per il Sovrano Sabaudo) andò in subbuglio. Carlo Alberto insomma aveva anticipato la strisciante propaganda repubblicana, che a guerra appena cominciata, si stava già preparando a godere dei possibili vantaggi della vittoria altrui per imporre subdolamente la propria ideologia.
Carlo Cattaneo ad esempio, non ravvisava la necessità di un organo comune tra le varie repubbliche (che sognava), ma riteneva fosse sufficiente il sentimento di necessità e mutuo soccorso di fronte al pericolo straniero !
Carlo Cattaneo in effetti nutriva una forte avversione nei confronti dei vicini Savoia. A lui veniva attribuito il disegno di una Lega di Stati Italiani, concetto questo sviluppato e pubblicato in diversi scritti apparsi su “Il politecnico”, un periodico di Milano del tempo, in qui si attribuiva alla figura dell’Imperatore d’Austria la presidenza di questa “unione” federale.

Chi si opponeva radicalmente alle tesi Federaliste, le più probabili idee neoguelfe o le più “fantasiose” di Carlo Cattaneo, era Giuseppe Mazzini. Egli infatti ravvisava un nesso (corretto) tra il frazionamento dell’Italia ed il suo servaggio…. Nell’individualismo degli Italiani stessi  “che si nutre di tutte quelle gelosie, gare e  vanità di città e di municipi, passioncelle abbiette e meschine che brulicano nella penisola come vermi nel cadavere di un generoso”. Secondo Mazzini quindi, tendenza al frazionamento e decadenza italiana camminavano parallele, facendolo giungere alla conclusione che : “solo l’unità e soltanto la repubblica possono assicurare durata alla libertà e all’indipendenza”.

Il voltafaccia di Pio IX, convinse Carlo Alberto a imboccare la strada dei Plebisciti, strada che diveniva necessaria alla nuova luce dell’allocuzione papale e della successiva rinuncia di Ferdinando di Borbone ad appoggiare la Guerra.
Il piccolo Piemonte quindi, avrebbe spinto sul programma dei Plebisciti popolari per legalizzare l’unione dei territori liberati alla Corona Sabauda.

Alberto Conterio