Il Proclama di Vigevano (10 agosto 1848)
Il 10 agosto CARLO ALBERTO lanciò al suo popolo il seguente proclama :
"L'indipendenza della terra italiana mi spinse alla guerra contro il nostro nemico. Assecondato dal valore della mia armata, la vittoria arrise in prima alle nostre armi. Né io, né i miei figli abbiamo retrocesso davanti al pericolo; la santità della causa raddoppiava il nostro coraggio. Il sorriso della vittoria fu breve. Il nemico ingrossato, il mio esercito quasi solo a combattere, la mancanza di viveri ci costrinse ad abbandonare le posizioni da noi conquistate e le terre già fatte libere dalle armi italiane. Con l'esercito io mi ero ritirato alla difesa di Milano; ma, stanco dalle lunghe fatiche, non poteva questo resistere ad una nuova battaglia campale, perché anche la forza del prode soldato ha i suoi limiti. L'interna difesa della città non poteva sostenersi: mancavano denari, mancavano sufficienti munizioni di guerra e di bocca. Il petto dei cittadini avrebbe forse potuto per alcuni giorni resistere, ma per solo per seppellirci sotto le rovine, non per vincere il nostro nemico.
Una convenzione fu da me iniziata, fu dai Milanesi medesimi proseguita, sottoscritta. Non ignoro le accuse con le quali si vorrebbe da alcuni macchiare il mio nome, ma Dio e la mia coscienza sono testimoni dell'integrità delle mie operazioni.
Abbandono alla storia imparziale giudicare. Una tregua di sei settimane fu stabilita per ora con il nemico, e avremo nell'intervallo condizioni onorate di pace o ritorneremo un'altra volta a combattere.
I palpiti del mio cuore furono sempre per l'indipendenza italiana, ma l'Italia non ha ancora fatto conoscere al mondo che può fare da sé. Popoli del Regno! Mostratevi forti in una prima sventura. Mettete a calcolo le libere istituzioni che sorgono nuove tra noi. Se, conosciuti i bisogni dei popoli, io per primo ve le ho concesse, io saprò in ogni tempo fedelmente osservarle. Ricordo gli evviva con il quali avete salutato il mio nome: essi risuonavano ancora al mio orecchio nel fragore della battaglia. Confidate tranquilli nel vostro re. La causa dell'indipendenza italiana non è ancora perduta".