Il nuovo Stato dell’Alta Italia
Le difficoltà Politiche e i diversi interessi
In ottemperanza a quanto stabilito nel testo della convenzione tra il Governo provvisorio di Lombardia e il Governo Sardo (13 giugno 1848), relativo all'unione, per la quale si poneva come condizione la convocazione di un'assemblea costituente sulle basi del suffragio universale per discutere e stabilire le basi e le forme di una nuova monarchia costituzionale sotto Casa Savoia, il Ministro Vincenzo Ricci, presentava al Parlamento piemontese il seguente disegno di legge:
"La Lombardia e le province di Padova, Vicenza, Treviso, Rovigo fanno parte integrante dello Stato. A partire dalla promulgazione della presente legge sino all'apertura del Parlamento comune, successivo, alla Costituente, la Lombardia e le dette province saranno governate con le norme stabilite. Al popolo lombardo sono conservate e garantite, nella forma ed estensione attuale di diritto e di fatto, la libertà di stampa, il diritto di associazione e la istituzione della guardia nazionale. Il potere esecutivo sarà esercitato dal re tramite un ministero responsabile. Gli atti pubblici saranno intestati in nome di S. M. il R Carlo Alberto. Sono mantenute in vigore le leggi ed i regolamenti attuali della Lombardia. Il governo del re non potrà concludere trattati politici e di commercio senza concertarsi previamente con una consulta straordinaria, composta dei membri attuali del governo provvisorio di Lombardia; e riguardo alle quattro province venete sopra indicate, con una consulta straordinaria composta di due delegati per ciascuna provincia.
La legge elettorale per l'assemblea costituente sarà promulgata entro un mese dall'accettazione della fusione. Contemporaneamente alla promulgazione della legge stessa, sarà convocata la comune assemblea costituente, la quale dovrà effettivamente unirsi nel più breve termine possibile e non più tardi del giorno 1° di novembre prossimo venturo. La legge elettorale sarà fondata sulle seguenti basi: Ogni cittadino che avrà compiuto l'età di anni ventuno è elettore, salve le seguenti eccezioni: Nei paesi soggetti allo Statuto Sardo sono escluse le persone che si trovano colpite da esclusione a termine della legge 17 marzo prossimo passato. Nella Lombardia i cittadini in stato d'interdizione giudiziaria, eccetto i prodighi; i cittadini in stato di prorogata minore età, quelli che furono condannati o che sono inquisiti per delitti nonché per reati commessi con offesa del pubblico costume, o per cupidigia di lucro, nella quale seconda categoria però non si riterranno comprese le contravvenzioni boschive e le contravvenzioni di finanza e di caccia; quelli sui cui beni è aperto il concorso dei creditori, qualora per il fatto del loro fallimento sia stata contro di loro pronunciata in via civile condanna od arresto; i cittadini che hanno accettato da uno stato estero all'Italia un pubblico impiego civile e militare, qualora non provino di avervi rinunciato, eccettuati i consoli degli Stati esteri e loro addetti. Il numero dei deputati è determinato nel rapporto di uno dai venti ai venticinquemila abitanti. Per la Lombardia, non avente circondari elettorali, si seguiranno i reparti amministrativi attuali, e il riparto e la nomina dei deputati si farà per provincia. Il suffragio è espresso con scheda segreta".
Questo disegno di legge, era con ogni evidenza, la fine dello Stato Sabaudo e l’inizio di uno diverso, nuovo, e provocò infinite discussioni in Parlamento e nel Regno. Furono i Torinesi questa volta a temere che alla loro città perdesse lo status di capitale, e fecero pervenire numerose petizioni alla Camera sostenendo che Torino doveva rimanere la capitale del nuovo Regno. Gli animi erano cosi accesi che Lorenzo Valerio, direttore della rivista "Concordia", che sosteneva come capitale Milano, venne minacciato di morte, e a Genova il popolo dimostrò contro il “provincialismo” dei Torinesi.
In Parlamento gli emendamenti proposti al disegno di legge non furono pochi, e ne presentò uno, lo stesso Ricci. Ciò, nell’evidenza che i dissensi erano presenti in seno allo stesso ministero, consigliarono che si richiedesse la formazione di un nuovo ministero “misto” composto di lombardi e di piemontesi.
Intanto il 6 luglio la camera approvava l'articolo che proibiva al governo Piemontese di stipulare trattati politici e commerciali, di far nuove leggi e abrogare o modificare le esistenti senza essersi prima accordata con una consulta straordinaria lombarda.
Dopo il voto di Venezia un altro disegno di legge fu presentato al parlamento, che lo accettò:
"La città e provincia di Venezia faranno parte integrante dello Stato con le condizioni medesime stabilite dal governo provvisorio di Lombardia, contenute nel protocollo 13 giugno prossimo passato, come saranno pubblicate in Lombardia con la legge del governo di S. M. Per le province venete vi sarà una consulta straordinaria come per quelle di Lombardia, composta degli attuali membri del governo provvisorio di Venezia e di due membri per ciascheduno dei comitati delle quattro province di Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo, che hanno già fatto e per cui fu accettata la loro unione con gli Stati Sardi. Quando le tre province di Verona, Udine e Belluno si riuniranno agli Stati medesimi, invieranno alla consulta due deputati per ciascheduna".
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Verso la metà del luglio 1848 tutta l'alta Italia, formava teoricamente un solo stato sotto lo scettro di Carlo Alberto, solo sulla carta però, ma in realtà la Lombardia continuava a governarsi da sé, mentre la terraferma veneta con gli eserciti di Radetzky era già tornata sotto il tallone dell'Austria.
Le condizioni del nuovo Regno inoltre, sia politicamente che militarmente non erano felici; non si poteva certo cancellare, in poche settimane, tutto un passato fatto di rancori e diverse consuetudini, inoltre, coloro che erano stati avversi all'unione con la monarchia Sabauda, in concomitanza dei cattivi esiti militari , riprendevano forza e puntando sulle antiche gelosie municipali, innescarono un'opera disgregatrice rendendo aspro i primi passi del nuovo Stato.
Oltre a questo, giova ricordare che, prima ancora della disfatta di Custoza avvenuta a fine luglio 1848, gli altri tre grandi stati italiani, il Granducato di Toscana, lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie si erano già defilati dalla lotta comune contro lo straniero, e solo la Sicilia (autonoma per autoproclamazione) pareva accostarsi al Piemonte offrendo, il 10 luglio, la corona al Principe Ferdinando di Savoia Duca di Genova, secondogenito di Carlo Alberto.
In tutto questo caos, si inseriva la Francia che non vedeva certo di buon occhio l'accresciuta potenza del Regno di Sardegna, vantando incomprensibili compensi territoriali, mentre era ormai pressoché normale nelle nuove e nelle vecchie province del Regno, criticare l’operato dei Generali e dello stesso Sovrano, pretendendo che le operazioni militari procedessero più speditamente.
L’Esercito Sardo infatti, stava attraversando un periodo di stallo, al campo di Roverbella. Le defezioni del Papa e del Re Ferdinado di Borbone pesavano sulle decisioni da prendere.
Le truppe non erano stanche, ma il morale era basso (nonostante le vittorie). Tutti apparivano sfiduciati, e schiavi della situazione politica. Dov'erano stanziate le truppe poi, le popolazioni mostravano segni di intolleranza e mal sopportazione. Insomma, passato l’entusiasmo delle prime settimane, si era desiderosi solo di tornare alla normalità e alle proprie case.
Alberto Conterio