La Chiesa e il Brigantaggio

Risorgimento : La Chiesa ed il Brigantaggio

Da : “Lettere dei Lettori” - Corriere della Sera 28 marzo 2010

Quale fu la posizione ufficiale della Chiesa nei confronti del brigantaggio postunitario? Ho letto che una parte del clero (non so se anche con l'assenso di Papa Pio IX) appoggiò i briganti, offrendo loro asilo e protezione. È vero, o si tratta solo di propaganda anticlericale?

Michele Toriaco, Foggia


Risponde Sergio Romano

Caro Toriaco, La Chiesa non adottò una posizione ufficiale sul brigantaggio. Ma accolse Francesco II a Roma, permise che vi creasse una specie di governo in esilio e tollerò che Palazzo Farnese, dove il re di Napoli si era installato con ciò che restava della sua corte, diventasse lo stato maggiore della rivolta. Di lì passavano i legittimisti italiani e stranieri che decisero di andare a combattere contro i «piemontesi ». Di lì partivano le esortazioni e le raccomandazioni. Lì si raccoglievano i denari necessari alla lotta. Per la Santa Sede il Regno delle Due Sicilie non era morto. Era stato occupato da una potenza straniera ed era quindi vittima di una sopraffazione che la Chiesa Romana non smise di deplorare e denunciare. Il governo di Torino adottò misure drastiche e brutali, ma non aveva altra scelta, di fronte a sé, fuor che quella di continuare la guerra sino alla soppressione della rivolta. Qualcuno, in quegli anni, sostenne che sarebbe stato utile andare oltre e colpire gli insorti dove era il cuore e il cervello delle loro imprese. E avanzò questa tesi con argomenti che mettevano in discussione la politica del governo nazionale. Il luogo in cui queste critiche vennero avanzate con maggiore vigore fu Milano. Il fenomeno venne descritto nel 1975 da uno dei migliori storici del secondo dopoguerra, Giorgio Rumi, in un articolo intitolato «L’opinione pubblica milanese e il brigantaggio». Studioso cattolico, editorialista dell’Osservatore Romano e consigliere della curia milanese, Rumi (scomparso nel 2006) si considerava tuttavia un cattolico liberale nello stile di Gabrio Casati, Tommaso Gallarati Scotti, Stefano Jacini. La straordinaria varietà dei suoi interessi è dimostrata da due volumi pubblicati ora dalle Edizioni Universitarie di Lettere Economia e Diritto con il titolo «Perché la storia. Itinerari di ricerca (1963-2006)». Mentre lavorava sul ruolo della Lombardia nelle fasi decisive del Risorgimento, Rumi lesse attentamente anche la stampa della sinistra milanese. Per i mazziniani e i garibaldini il fenomeno del brigantaggio era il risultato di due politiche, quella di Torino e quella di Roma, che avevano obiettivi opposti ma erano altrettanto responsabili di ciò che stava accadendo nell’Italia meridionale. Torino aveva sottovalutato «una realtà storica complessa, (le) secolari strutture sociali, (i) dati di fatto ambientali e geografici ». Aveva agito con aridi criteri politico-amministrativi che avevano deluso le popolazioni meridionali. E a Roma, nel frattempo, Francesco II armava con l’aiuto del Papa le mani degli assassini. Secondo la sinistra milanese occorreva superare questo stallo restituendo a Garibaldi la spada che gli era stata tolta, affidandogli il compito di pacificare il Sud e di completare l’impresa unitaria fino a Roma e a Venezia. Era l’anima popolare del Risorgimento che cercava di fare udire la propria voce.