Il tramonto di Carlo Alberto

Il tramonto di Carlo Alberto
(La sensibilità e la grandezza di un Re)

Arrivato all'ultimo giorno di Regno, quella che a molti sembrò solo una lucida decisione dettata dal risultato di una guerra persa - l’abdicazione - non era null'altro che una scelta da alcuni anni già meditata, ma che aspettava solo il giorno fatico per realizzarla. Quel giorno arrivò a Novara (23 marzo 1849), proprio nella città dove lo zio tanti anni prima lo aveva esiliato, bandendolo bandito dal “palazzo” sabaudo per aver concesso - durante una sua assenza - una Costituzione liberale ai piemontesi.
Un anticipo di venti anni sulle sue scelte !


L’abdicazione era maturata quando, al volgere delle fortune militari dell’estate ’48, aveva cominciato a vedere nel figlio l’irrequietezza tipica dei Carignano, quella che in fondo era stata la sua irrequietezza, quand'era cadetto a fianco di Napoleone. A termine dell’era napoleonica, e tornato a Torino venne subito considerato un ribelle, poi nel '21 addirittura un "traditore" della dinastia sabauda, allora fermamente conservatrice. Scherzo del destino, dopo il 1821, venne considerato "traditore" degli stessi liberali. Una vita d'inferno insomma !

Abdicato in favore di suo Figlio Vittorio Emanuele, Carlo Alberto si fa rilasciare dal Conte Morelli, Comandante della piazza di Novara, un passaporto intestato al Conte di Barge, e dopo la mezzanotte, lascia la città, in una modesta carrozza, con due soli servitori. Giunto in breve agli avamposti delle linee tenute dal Generale austriaco Thurn, fu fermato dalle sentinelle. Dopo un lungo mercanteggiamento fu lasciato proseguire solo quando un sergente dei bersaglieri, fatto prigioniero e la stazionante, dichiarò che quell'uomo era davvero il Conte di Barge !
Il 25 marzo Carlo Alberto è già a Nizza e a Teodoro Santarosa, figlio del più famoso Santorre, giunto a confortarlo, ebbe ancora uno scatto d’orgoglio dicendo: "In qualunque tempo si alzi da un qualsiasi governo una bandiera contro l'Austria, possono esser certi gli austriaci di trovarmi sempre soldato nelle schiere dei loro nemici".

Rimessosi in viaggio, per la Francia, a Tolosa confermò l'abdicazione con atto regolare documento rogato dal Notaio Juan Fermin de Furumdarena. Proseguì poi attraversando la Spagna per recarsi in Portogallo nella solitaria villa di Entre Quintas, a Oporto.

Carlo Alberto di Savoia, aveva appena compiuto cinquant'anni.
Il 28 luglio a Oporto, moriva di crepacuore.


Definito come una delle figure più enigmatiche della storia italiana, viene giudicato nei modi più contraddittori, sia dai contemporanei sia dagli storici successivi. Un sovrano perpetuamente dibattuto fra l'onore e il dovere, fra i contrastanti impulsi che gli venivano dall'educazione liberale avuta in Francia nel periodo napoleonico e gli obblighi verso la tradizione dinastica che aveva ereditato. 
Come Sovrano e come uomo si dichiarò sconfitto abdicando. Nella sua immediata partenza per l'esilio, vi era forse già sicurezza d’avere la morte nel cuore.
Un atto doloroso certo, …ma nobile ! 
Moriva ad Oporto dopo poco più cento giorni d'esilio; di crepacuore; una fine che ci appare come il riscatto di una vita enigmatica e a tratti geniale, impulsiva si, ma anche straordinariamente controllata. Una morte che si portava via un Re orgoglioso, restituendo un uomo umile, soffocato dal dolore di un'esistenza che forse ritenne "vuota". Non riuscì nel suo grande progetto, ma fu l’apripista delle più concrete possibilità di unità nazionale. Non fece in tempo a diventare il Sovrano liberale di un grande regno, ma morì da uomo come un uomo comune: di dolore.

Questa sua sensibilità fu compresa pienamente solo dopo la sua morte. Aveva vissuto tutta un vita attorniato da tanta inimicizia, e iniziò a guadagnarsi dopo la morte tanta stima, affetto, simpatia, anche da chi lo aveva sempre odiato. 
Quando anni prima, in Toscana provò già un forzato esilio da “nipote degenerato”, aveva scritto :
"Fuggo ogni consorzio più che mai. Parlo il meno che posso. Non esco a cavallo che quanto basta per muovermi. Voglio studiare ma sono distolto dai miei tristi pensieri; e del mio passato mi consolo pensando che Dio è il giudice supremo, il quale vede le azioni di tutti, finisce per smascherare la calunnia e mi chiamerà forse a sé prima che l'intera luce si faccia sui miei atti; ma farà sì che almeno le pene che soffro si volgano in bene per mio figlio. Ho sempre considerato la vita come un viaggio che ha una meta sublime: il cammino è assai aspro, ma non perdo la speranza". Fu profetico !

L’ultimo viaggio fu assai aspro, e senza più nessuna speranza fino ad Oporto; ad attenderlo la "meta sublime", chiamato prima che l'intera luce si facesse sui suoi atti.

Alberto Conterio