Il limite - 16 ottobre1920

Il limite

Articolo di fondo del Direttore


Corriere della Sera del 16 ottobre 1920


Se la Direzione del Partito Socialista e la Confederazione del Lavoro fossero chiamate a dare un elenco delle “vittime” per le quali hanno regalato all’Italia la “manifestazione” di giovedì, chiusasi con quel bilancio di vittime autentiche che la cronaca ha riferito, si troverebbero in un bell’imbarazzo. Risulterebbe tutta la falsità di questa agitazione: apparirebbe chiaro che con essa si presta man forte a forme schiette di delinquenza. Sono logici e coerenti gli anarchici e i comunisti più torbidi che non esitano ad applaudire a quei criminali che a Torino hanno decretato la morte di Mario Sonzini e della guardia Scimula. È una logica, la loro, che non richiede grande coraggio, perché in questo Regno, nonché esistere il terrore bianco, tutto è consentito, anche l’apologia sfrontata e cinica di orribili reati. Ma la logica, almeno, mentre è ipocrisia quella dei Socialisti accodati agli anarchici e alla teppa nell’impresa di sollevare le passioni più basse della folla.

Fra questi socialisti figurano anche dei reduci di Reggio, e a Reggio c’erano uomini di questa confederazione del lavoro che ogni giorno sconfessa nell’azione positiva quei principi per i quali i suoi capi sarebbero disposti a subire il martirio. Senza la complicità della Confederazione del Lavoro la manifestazione di giovedì non avrebbe potuto inscenarsi.

Dicono i soliti furbi che la Confederazione deve far così per non perdere il “controllo della massa”. Ma se questo “controllo” ha da servire a portare alla rivoluzione lo stesso, che essi lo perdano o meno è questione che non ci fa né caldo né freddo. Esistono limiti che la gente di fede e di coscienza non può decentemente sorpassare, e la Confederazione e gli uomini di Reggio li sorpassano tutti i giorni. E li sorpassano senza necessità. Perché la verità è questa: che le masse non sono affatto nello stato d’animo che viene loro attribuito. La grande maggioranza si mantiene estranea a questi moti, e, se fosse guidata, isolerebbe facilmente i facinorosi. Su centomila operai di Milano, quanti si sono presentati ai comizi di giovedì? Ma, se nessuno raccoglie questa voce vera del popolo, se non esiste norma di condotta per paura, allora il trionfo è di chi è più spinto, cioè dell’anarchia e della teppa.

A questo trionfo assistiamo in Italia per la viltà generale, così della borghesia e del Governo che la rappresenta, come del Socialismo e degli uomini che lo dirigono. Il Governo ha paura dei Deputati socialisti; i socialisti hanno paura dei comunisti; i comunisti degli anarchici e della teppa. Così sono gli elementi più antisociali che formano il programma del giorno, al quale l’Italia si sottomette. Il fenomeno di dedizione generale è così impotente che ha perfino toccato quella istituzione universale che è la Chiesa cattolica. Comanda forse il Papa ai cattolici italiani ?

Nemmeno per sogno: comanda don Sturzo, e don Sturzo ha impegnato i cattolici in una gara con i socialisti diretta a conquistare seggi in Parlamento, nei Comuni e nelle Province. Il Vaticano avrebbe desiderato blocchi costituzionali nelle elezioni amministrative per evitare che le amministrazioni dei grandi centri cadessero nelle mani dei comunisti; ma il prete siciliano non li vuole, e il Cardinal Gasparri piega il capo. Bella cosa quando i popolari saranno 150, ma il paese andrà in malora perché i socialisti saranno diventati 300!

Il quadro cinico dell’anatema e della mancanza di forze di cui soffre l’organismo sociale italiano è completo. I germi patogeni non incontrano resistenza, e la violenza loro si accresce. Ad un cenno della Direzione del P.S., della Confederazione del Lavoro e del sindacato dei ferrovieri, comandati da quei dell’”Ordine Nuovo” e dell’”Avanti!” di Torino, e dell’”Umanità Nova” di Milano, cioè Malatesta, si arresteranno ferrovie, telefoni, telegrafi, trams, tutta la vita del paese, mentre i bassifondi sociali scendono nelle piazze a far festa, se possibile, alle guardie regie o ai fascisti, mentre gli stranieri che ospitiamo assistono stupiti all’orgia di “libertà”, cioè di sfrenata licenza, nella quale i vincitori di Vittorio Veneto corrono rischio di soccombere.

Corrono rischio ma non soccomberanno. O noi ci inganniamo, o un senso di decoro e quindi di rivolta dovrà manifestarsi. Ognuno avverte già che non se ne può più, che così non si va avanti. O il Governo interviene, o l’Italia è avviata alla guerra civile. Tutti l’abbiamo deprecata, tutti la deprechiamo. Ma errerebbero quegli sciagurati i quali si illudessero di uccidere senza rischio una civiltà elaboratasi in quasi tre millenni di storia. Essi questo esigono: di colpire senza pericolo, di darci la fine senza una reazione nostra. Sono più audaci di noi ma in fondo sono anch’essi dominati dalla paura, tanto che con atroce non voluta ironia calunniano per “terrore bianco” e per “reazione” quel miserando e ultrafragile schermo che ancora si frappone al tranquillo, sicuro, impunito compimento della distruzione sociale. Ora tutto abbiamo sacrificato al quieto vivere, tutto abbiamo concesso che fosse possibile concedere per salvare l’ordine sociale, e siamo disposti a tollerare tutte le manifestazioni che quest’ordine sociale potrà richiedere, purché attuate da un potere legalmente costituito. Ma cadere nelle tenebre del leninismo, sottostare alla dittatura di pochi sciagurati tanto folli quanto orgogliosi ed ignoranti, questo no, a qualunque costo.


Articolo attribuibile al Direttore Luigi Albertini