L’affondamento della Santo Stefano - 10 giugno 1918

Il 27 febbraio 1918 l'ammiraglio Miklós Horthy era stato nominato comandante della flotta austro-ungarica. In seguito alla sua decisione di impiegare le nuove corazzate in una grandiosa operazione nell'Adriatico meridionale (per forzare lo sbarramento navale del Canale d'Otranto), il giorno 8 giugno la Viribus Unitis e la Prinz Eugen uscirono dal golfo di Pola con sette navi d'appoggio, seguite l'indomani dalla Szent István e dalla Tegetthoff con un cacciatorpediniere e sei torpediniere. Dato che per ragioni di segretezza il presidio a difesa del porto non era informato dell'uscita delle navi, l'uscita dal porto non poté avvenire che alle 22.15 anziché alle 21.00 come preventivato.

La notte del 10 giugno 1918 i due motosiluranti italiani MAS 15 e MAS 21, comandati dal capitano di corvetta Luigi Rizzo e ancorati nei pressi dell'isolotto di Lutrošnjak di fronte a Premuda, notarono verso le ore 3.15 una grossa colonna di fumo proveniente da nord. Resisi conto che si trattava di navi nemiche, col favore dell'oscurità si fecero strada a bassa velocità tra le navi del convoglio. Alle 03.30 circa la Santo Stefano, che stava procedendo ad una velocità di 14 nodi, venne colpita dal lato di tribordo da due siluri del MAS 15 lanciati da una distanza di 600 metri, mentre uno dei siluri del MAS 21 colpì la Tegetthoff, ma la mancata esplosione del siluro impedì agli austriaci di perdere una seconda corazzata. Entrambe le motosiluranti riuscirono poi a portarsi in salvo ad Ancona.

Il primo siluro centrò la nave tra il primo e il secondo fumaiolo, mentre il secondo all'altezza del fumaiolo di poppa. Tra nuvole di fumo e di acqua la nave cominciò a imbarcare grandi quantità d'acqua e a sviluppare incendi nella zona caldaie. Nel tentativo di porre in salvo la nave (le due caldaie anteriori di babordo erano ancora funzionanti) il comandante Heinrich Seitz modificò la rotta, puntando alla velocità di 4,5 nodi verso l'isola di Melada a SE. La Tegetthoff prese poi la corazzata in traino, ma per il pericolo di rovesciamento le funi dovettero essere sciolte. Alle 6.05 la nave iniziò a rovesciarsi, e nel giro di sette minuti scomparve tra i flutti. L'affondamento della Szent István fu facilitato dai difetti intrinseci della nave: un basso dislocamento e alto centro di gravità, unito all'enorme peso dei cannoni. Tuttavia, il tributo di vite umane fu relativamente moderato (quattro ufficiali e 85 marinai) grazie al fatto che tutti i marinai austriaci dovevano apprendere a nuotare prima di entrare in servizio.

La perdita della Santo Stefano fu un duro colpo per la Marina Austro-Ungarica, che da quel momento sospese ogni azione sul mare. In Italia, l'Impresa di Premuda - una delle più audaci operazioni nella storia della Marina italiana - ebbe vasta eco e servì a rafforzare il morale delle truppe al fronte.

A riconoscimento dell'eroismo dimostrato in azione, il capitano Rizzo venne insignito della Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia, ma in seguito al suo rifiuto (Rizzo era di ideali repubblicani) l'onorificenza venne commutata in una medaglia d'oro al valor militare con la seguente motivazione:

« Comandante di una sezione di piccole siluranti in perlustrazione nelle acque della Dalmazia, avvistava una poderosa forza navale nemica, composta di due corazzate e numerosi cacciatorpediniere e senza esitare, noncurante del grande rischio, dirigeva immediatamente con la sezione all'attacco. Attraversava con incredibile audacia e somma perizia marinaresca la linea fortissima delle scorte e lanciava due siluri contro una delle corazzate nemiche colpendola ripetutamente in modo da affondarla. Liberavasi con grande abilità dal cerchio di cacciatorpediniere che da ogni lato gli sbarrava il cammino e inseguito e cannonneggiato da uno di essi, con il lancio di una bomba di profondità lo faceva desistere dall'inseguimento, danneggiandolo gravemente.

Costa Dalmata, notte sul 10 giugno 1918 »

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