La battaglia di Magenta (4 giugno 1859)


La battaglia di Magenta (4 giugno 1859)

Il 31 maggio i francesi stavano completando il loro spostamento dal sud al nord, e passata la Sesia, puntavano verso il Ticino. Il 1° giugno, il Generale Niel con il suo 4° Corpo d’Armata, entrò a Novara accampandosi alla Bicocca, seguito dal 2° di Mac Mahon e, a distanza, dal 1° di Baraguay d' Hilliers; il 2 giugno la Divisione "Espinasse" del 2° Corpo e la Divisione "Camou" dei volteggiatori della Guardia furono mandate in avanscoperta verso il Ticino, la prima occupò Trecate e S. Martino, la seconda passò il fiume occupando Turbino in terra di Lombardia.
Il 3 giugno, allo scopo di assicurare stabilmente i due attraversamenti sul Ticino, il Generale Mellivet, comandante la seconda Divisione della Guardia, fu mandato a sostituire la Divisione "Espinasse" e a Mac Mahon fu dato l'ordine di recarsi con le truppe disponibili del 2° corpo a rinforzare la "Camou" a Turbigo dove sarebbe stato raggiunto dall'"Espinasse". Si stava delineando uno scontro importante e la tensione cominciò a crescere.
Eseguiti questi movimenti e saputo che truppe austriache occupavano la vicina Robecchetto, Mac Mahon ordinò al Generale La Motterouge verificare ed eventualmente sloggiare il nemico da quel villaggio. L' impresa fu affidata al Reggimento "Turcos", che assalì impetuosamente il paese e dopo un sanguinoso combattimento con gli austriaci, comandati dal Maresciallo Cordon, se ne impadronirono. Sconfitti, gli austriaci si ritirarono, inseguiti per un buon tratto, verso Magenta, dove Gyulai aveva raccolto una parte delle sue forze che prima durante l’avanzata di maggio si erano aperte a ventaglio.


Era stato forse intendimento di Gyulai attirare una parte dell’Armata Alleata verso Magenta per batterla separatamente prima che tutte le forze franco sarde si concentrassero su Milano? È molto probabile che i suoi calcoli fossero orientati verso quel disegno, in quanto gli austriaci potevano contare comunque ed ovunque su una discreta superiorità numerica soprattutto delle artiglierie.
Fu così che il giorno 4 giugno 1859, fu combattuta la grande battaglia di Magenta, nella quale gli alleati impiegarono 48.000 mila uomini, 1400 cavalli e 91 pezzi d'artiglieria e gli austriaci 56.000 uomini, 3500 cavalli e 176 pezzi.
Al mattino del 4, Gyulai era in attesa disposto con il suo esercito sulla linea del naviglio grande, da Bernate a Ribecco : la Divisione Montenuovo del 1° Corpo d'Armata con il 14° battaglione cacciatori, la Divisione Jellachich e la Divisione Herdy del 2° Corpo d'Armata; la Divisione Reischack del 7° a Corbetta, la Lilia a Castelletto, tre Brigate del 3° corpo presso Abbiategrasso e una alla sponda sinistra del Ticino, sulla strada da Castelnuovo ad Abbiategrasso; la Divisione Cordon a Cuggiono. Inoltre il 5° Corpo d’Armata era in marcia da Garlasco ad Abbiategrasso, l'8° da Binasco a Bestazzo, il 9° tra Piacenza e Pavia. Lo schieramento su naviglio quindi rappresentava l’incudine su cui dovevano infrangersi gli alleati ed i tre Corpi d’Armata in marcia rappresentavano i magli per “batterli”.
Gli alleati dal canto loro, la mattina del 4 giugno mattina, erano ancora intenti ad eseguire movimenti di rafforzamento del fronte, e non avevo sicuramente in programma di impegnarsi in uno scontro campale. Il 2° Corpo infatti, rinforzato dalla Divisione dei volteggiatori della Guardia e seguito da tutto l'esercito sardo, doveva portarsi da Turbigo su Boffalora e Magenta; la Divisione dei granatieri della Guardia doveva avanzare per S. Martino seguita dal 3° Corpo d’Armaa di Canrobert; mentre il 4°, doveva occupare stabilmente Trecate, mentre il 1° Corpo d’Armata che si trovava a Lumellogno avrebbe dovuto seguire il 4° fino a Ofengo e Bicocca.

Mac Mahon fu il primo a rompere gli indugi, e tra le nove e le dieci del mattino, avanzò da Turbigo su due colonne: quella di destra (Divisioni "Motterouge" e "Camou"), per Cuggiono e Casale, su Boffalora; quella di sinistra (Divisione "Espinasse"), per Inveruno, Mesero e Marcallo, su Magenta.
La Divisione sarda del Generale Fanti seguì questa seconda colonna con l'incarico di esplorazione verso l'estrema sinistra della formazione, mentre la Divisione sarda del Generale Durando restò a guardia dei ponti con ordine di seguire la prima colonna non appena fosse stata raggiunta dalle altre divisioni sarde.
L'avanguardia della colonna di destra, formata dal 1° battaglione dei "Turcos" e da alcune batterie, trovato il villaggio di Casate occupato dagli austriaci, se ne impadronì e inseguì il nemico fino a Boffalora contro di cui sferrò l'attacco; ma il Generale Mac Mahon a quel punto, si rese conto di aver davanti a sé, non uno schieramento “di sorveglianza” ma forze molto superiori alle sue pronte alla battaglia. L’intenzione degli austriaci infatti era di tagliare in due le forze francesi del  2° Corpo d’Armata, quindi con ordine repentino, sospese l'assalto a Boffalora, e fece schierare le truppe della colonna a difesa tra Cascina Valeggio e Cascina Malastella, mandando nel contempo ordine al Generale Espinasse,  dell’ omonima Divisione, di appoggiare la sinistra dello schieramento a Marcallo e di mantenere il collegamento (con la destra) alla Divisione La "Motterouge".

Verso le otto del mattino comunque, anche la Divisione del granatieri della Guardia dell’Imperatore cominciò il suo movimento verso il Ticino. Presto raggiunse S. Martino e mandò sulla sinistra del Ticino (sponda lombarda) la Brigata "Wimpffen"; anche Napoleone III però, che si trovava con le truppe al ponte di Boffalora si rese conto che gli austriaci erano più di ciò che volevano far apparire, e non volendo impegnarsi con il nemico prima che Mac MAhon raggiungesse i suoi obiettivi, fece tornare indietro e collocare a mezzo chilometro dal ponte la Brigata.

Verso mezzogiorno, udito in lontananza dalla parte di Boffalora un nutrito fuoco di fucileria, la Brigata "Wimpffen" fu rimandata avanti e, passato il Ticino, spinse a sinistra il 2° Reggimento Granatieri del Colonnello d' Alton e a destra, contro una ridotta sulla ferrovia, il 3° Granatieri del Colonnello Metman. La ridotta fu espugnata e il nemico si ritirò dietro il canale inseguito da alcuni battaglioni francesi; i quali però, avendo incontrato notevoli rinforzi austriaci, furono costretti a ripiegare sulla ridotta.
Sebbene il nemico ricevesse sempre nuove truppe e fosse superiore di numero ai francesi, il Generale Wimpffen non volle rinunziare all'offensiva e mandò contro le case di Ponte Nuovo il Colonnello Tryon con quattro compagnie del 3° Granatieri e poi il Colonnello Guignard con gli zuavi della Guardia. Ponte Nuovo fu conquistato; ma il nemico cresceva ancora di numero e i francesi dovettero fare sforzi terribili per non essere sopraffatti. Alle ore 17.00, sul punto di cedere, furono raggiunti finalmente dalle truppe del Generale Picard, appartenente al 3° Corpo d’Armata di Canrobert, che, con il 23° e 90° Reggimento di linea e l'8° Reggimento Cacciatori a piedi, sostenuti dalla ridotta in mano ai Granatieri, si lanciarono contro Ponte Vecchio. La località, venne conquistata e persa sei volte, ma infine, al settimo tentativo, fu definitivamente conquistata.

Da quel momento, le sorti della battaglia cominciarono a girare in favore dei francesi.
Affluivano una dopo l'altra le Brigate del 3° e del 4° Corpo, la "Mortimprey", la "De la Charriére", la "Jonin", con i Generali di Divisione Vinoy, Renault, Tochu, e gli stessi Marescialli Niel e Canrobert.
Come le unità giungevano sulla linea del fronte, venivano lanciate all’attacco in una mischia furibonda, riconquistando via via le posizioni cedute. In questo modo, furono vinte e  travolte le Brigate "Hartung", "Raurming", "Durfeld" e "Wetztar", ma non era ancora terminato lo scontro…

Mac Mahon infatti, ormai sicuro sulla sinistra per aver ristabilito il contatto con le colonne avanzanti grazie all’opera di collegamento della Divisione “Espinasse, avanzò rapidamente sotto un il fuoco di copertura dei suoi cannoni, cacciando davanti a sé il nemico, che continuò comunque a combattere ostinatamente. Occupò Boffalora e Cascina Nuova, puntando risoluto verso la stazione di Magenta. L'attacco, sostenuto da un nutrito concentramento di artiglieria, fu risolutivo per l’esito dell’intera giornata segnando le sorti della battaglia.
Lo stesso Napoleone III, fermo su posizioni aperte da un nemico superiore, fu tratto dall’empasse in extremis dall'intervento del 2° Corpo d'Armata del Generale Maresciallo Mac-Mahon. Scriverà lo storico De La Gorge: "In Napoleone III non vi era mancanza d'intelligenza, né debolezza d'animo: ma inesperienza di quella cosa terribile che si chiama guerra"

E la lotta davanti a Magenta si fece terribile davvero; la stazione dovette essere espugnata alla baionetta con assalti ripetuti dalla Brigate "Castagny" e dal 9° Battaglione dei Bersaglieri sardi; poi fu la volta dell’abitato, e le case dovettero essere conquistate una ad una a prezzo di molto sangue!
Quando Magenta fu finalmente avvolta su tre lati, gli austriaci mollarono la presa, ripiegando verso Robecco, Castellano e Corbetta, sotto il tiro spietato dell'artiglieria francese, che procurò ancora molte perdite tra le truppe in ritirata.

Alla battaglia di Magenta l'esercito sardo, ebbe poco da fare, oltre alcuni squadroni di cavalleria, solo da Divisione Fanti partecipò (il 9° Battaglione dei Bersaglieri apparteneva a questa grande unità), ma vi ebbe una parte decisiva. I piemontesi infatti, giunsero a Magenta quando tutte le truppe di Mac Mahon erano già impiegate sulla linea di fuoco, ed erano impossibilitate ad avanzare per la forte resistenza austriaca e soprattutto perché ormai non vi erano più riserve da sfruttare.
L’arrivo in linea di Fanti quindi consentì a Mac Mahon di “liberare” notevoli aliquote di forze apportando nuovo slancio per il combattimento finale, utilizzando nell’assalto tutte le sue truppe, e impedì a Gyulai di aggirare la sinistra francese.

Le perdite furono gravi da ambo le parti, ormai le battaglie erano diventate delle fornaci, e la successiva battaglia di Solferino e San Martino confermeranno questo orrore. Gli austriaci subirono la perdita di 64 ufficiali (morti) e 222 furono i feriti, fra i quali i Generali Reichach, Dierfeld, Liebzeltern, Wetzlar e Bandina, che morì poi in seguito alla ferite alcuni giorni dopo. Tra i soldati, i morti furono 1370, e ben 4360 feriti. Un numero altrettanto alto si registrò per i soldati fatti prigionieri e quelli dispersi.
I francesi persero 52 ufficiali (morti), tra cui i Generali Espinasse e Cler e i Colonnelli Da Souneville, Dronhot, De Chabriere e Charlier, più 600 soldati, a cui andarono ad aggiungersi 194 ufficiali e 3230 uomini di truppa feriti e oltre 650 prigionieri e dispersi.

Alberto Conterio