Violazione della tregua Istituzionale

Capitolo I

Violazione della tregua Istituzionale
Condizioni dell’ordine pubblico nel periodo precedente al referendum Istituzionale


Il referendum, tipica manifestazione democratica, deve svolgersi, ovviamente, in condizioni di perfetta normalità dell'ordine pubblico.Deve essere possibile ad ogni cittadino di propagandare liberamente le proprie idee e di potere poi liberamente esprimere il proprio voto.Queste condizioni non si verificarono in Italia prima e durante il referendum istituzionale del 2-3 giugno 1946. Nel giugno 1944, allorché tra il Luogotenente Generale del Re, il Comitato di liberazione nazionale e la Commissione alleata di controllo si era convenuto che il problema istituzionale sarebbe stato deciso dal popolo italiano, si concordò anche una tregua istituzionale. Questa era la condizione essenziale, riconosciuta concordemente, perché la decisione del popolo italiano potesse essere presa in piena libertà.Invece, quasi tutti i ministri, che rappresentavano i partiti dei Comitati di liberazione e che si succedettero nei quattro ministeri dal giugno 1944 al giugno 1946, lottarono apertamente, accanitamente e spesso faziosamente contro la monarchia e personalmente contro il Luogotenente Generale del Re. L'ammiraglio Ellery W. Stone, presidente della Commissione alleata di controllo in Roma, precisa: "Non si può negare che il governo, al quale spettava di preparare le votazioni, era formato nella sua maggioranza di elementi repubblicani e che fra i componenti del gabinetto il più acceso era il ministro degli Interni Romita " (1).
Il Paese Italia, era governato da una coalizione di partiti, che senza il minimo mandato popolare, imperavano, in nome di esso, e contro di esso, alla salvaguardia dei loro interessi personali. Essi traevano origine dal Comitato di Liberazione Nazionale CLN, e dal giugno 1944, si spartivano tutto quanto era possibile spartire, media, potere politico, interessi materiali ecc.
Attraverso ai Governi Bonomi, poi Governo Parri, ed infine al Governo Degasperi, ogni più piccolo lembo di potere era stato lottizzato tra i seguenti partiti, appunto appartenenti al CLN : Partito Comunista, Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, Democrazia Cristiana, Partito d’Azione, Unione Democratica Nazionale (che raggruppava al suo interno, i Liberali, ed il Partito del Lavoro).
Inutile nascondere, che tra queste forze, alcune erano dichiaratamente indirizzate ad ottenere la forma repubblicana dello Stato per principio (PC e PSIUP), e gli altri si sarebbero presto adeguati.
La lotta contro la monarchia da parte di questi gruppi organizzati si accentuò dopo il 25 aprile 1945, quando sopraggiunse, col Comitato di liberazione nazionale dell'alta Italia, quello che Pietro Nenni chiamò il " vento del nord ". Artificiosamente si cercò di sollevare il popolo contro l'allora Principe Umberto, utilizzando a tal uopo tutta l'organizzazione dei partigiani, della quale avevano pur fatto parte tanti elementi anche monarchici, ma che erano dominati e guidati da capi comunisti, impostisi ovunque. Con la liberazione del nord essi reclamarono in molte località le cariche di prefetti e di questori e le utilizzarono ai loro scopi. Si noti il seguente caso. Nella città di Bologna, appena liberata, si recò subito il Luogotenente Generale del Re e fu accolto dall'entusiasmo delirante della folla ammassata in piazza Vittorio Emanuele II (oggi piazza Maggiore). Il Principe venne da tutti festeggiato e salutato, senza un gesto, uno solo, irriverente o ostile.Ebbene, dopo pochi giorni, i dirigenti comunisti che assunsero la direzione della lotta politica della città, riuscirono a fare apparire Bologna del tutto mutata e ostile. Sostanzialmente non era così, ma il sistema del terrore e l'esempio di quanto era accaduto inducevano i non scalmanati a rimanere nell'ombra ed a nascondere i propri sentimenti per timore della vita stessa. L'esempio di Bologna fu imitato in tutta l'Italia del nord, dominata dai gruppi antimonarchici prevalenti nei Comitati di liberazione. All'incubo dei quali si deve se, nelle visite del Capo dello stato a Torino e a Milano, quei prefetti del Regno non si recarono a riceverlo e a salutarlo. A Torino era prefetto il socialista Passoni, cognato di Romita; a Milano il partigiano Troilo, che pur si era recato al Quirinale ad ossequiare il Luogotenente, quando era sceso con i suoi partigiani dalle montagne dell'Abruzzo ormai liberato. Il clima politico era repubblicano. Il governo era repubblicano. Il, ministro degli Interni (Romita) faceva comizi repubblicani... Repubblicani erano in gran parte i nuovi personaggi e i nuovi gruppi politici usciti dalla Resistenza, che facevano il bello e il cattivo tempo nelle provincie (2).
Ben si comprende come in questa situazione non fosse possibile, e non fu consentita, nessuna propaganda monarchica, prima del referendum, in gran parte dell'Italia centrale e settentrionale.A Roma stessa si poté fare la prima manifestazione monarchica solo il 5 maggio 1946. L'adunata era stata convocata sul Palatino per timore di rappresaglie comuniste. Essa riuscì così imponente da indurre gli avversari a non provocare questa volta i monarchici, che scesero con un interminabile corteo lungo la via dei Fori Imperiali, deposero una corona di alloro all'Altare della Patria e si recarono a Palazzo Reale inneggiando al Luogotenente e alla Famiglia Reale, che tutta apparve al balcone tra l'entusiasmo della folla. Questa manifestazione fu il preludio alla successiva, che salutò in un tripudio di folla il nuovo Re, il 10 maggio, dopo l'abdicazione di Vittorio Emanuele III (Vedere Allegato "Saluto al nuovo Re"). Ma a Firenze, il 24 maggio 1946, pochi giorni cioè prima del referendum, una turba di violenti assalì un ordinato corteo monarchico e bruciò le bandiere, senza che la polizia intervenisse a proteggere quei liberi cittadini che democraticamente manifestavano la loro fede e la loro opinione politica favorevole alla monarchia.La stampa dell'epoca rispecchia quell'atmosfera di intimidazione e di violenza, di cui d'altra parte il triste ricordo è vivo negli italiani che non possono dimenticare. E ci piace di riportare le parole che in proposito disse ben chiaramente il deputato On. Antonino Cuttitta nella Camera dei Deputati: "... istituzioni repubblicane, nate in un clima torbido di violenze e di brogli elettorali, mentre centinaia di migliaia di cittadini erano ancora lontani dalla Patria" (3).

Note
1 Luigi Romersa e Bonaventura Caloro, Finalmente parlano gli alleati: così cadde la monarchia italiana, in « Il Tempo illustrato », n. 29, 16 luglio 1960, pag. 33.
2 Luigi Barzini jr., La verità sul referendum, in « Il Corriere della Sera », 7 gennaio1960.
3 Camera dei Deputati, Resoconto sommario, venerdì 16 ottobre 1964, pag. 216.