L'ordine pubblico

Capitolo II

L’ordine pubblico nel racconto di diversi scrittori dell’epoca

Questa atmosfera corrusca di violenze e di soprusi è ampiamente documentata dalla stampa dell'epoca (che ciascuno può consultare nelle emeroteche della Biblioteca Nazionale di Roma e in quella di Firenze).Anche gli autori che si sono interessati della storia di quegli eventi ne parlano diffusamente negli scritti che abbiamo indicato come i più espressivi della situazione dell'epoca e dello svolgimento del referendum istituzionale. Qui vogliamo riportare soltanto alcuni giudizi:Luigi Cavicchioli afferma: "In tutta l'Emilia e la Toscana non furono tenuti comizi monarchici perché qualunque oratore avesse osato pronunciare una parola in favore del Re avrebbe corso il rischio di essere linciato " (1).
E più oltre: "Dove le forze monarchiche avrebbero potuto far fronte alle violenze dei socialcomunisti, cioè a Roma e al sud, vigilava la polizia ausiliaria, composta in buona parte da partigiani del nord, comunisti fanatici, i quali, spesso, interrompevano i comizi monarchici e malmenavano gli ascoltatori... Un giorno, a Roma, il ministro Romita fece sequestrare ottomila opuscoli di propaganda monarchica compilati nel più corretto e democratico dei modi " (2).
Lo stesso ministro degli Interni Romita nel suo volume in cui si vanta della "paternità della repubblica" (3), dice: "...in febbraio (1946) presentai una proposta di provvedimento legislativo per il reclutamento di quindicimila uomini, fra ufficiali e agenti ausiliari scelti tra i partigiani… " (4).
Renzo Trionfera precisa che “nella pubblica sicurezza erano stati immessi decine di migliaia di ausiliari, provenienti tutti da formazioni partigiane di estrema sinistra " (5).
Pochi giorni prima del referendum, alla fine del maggio 1946, durante un comizio a Frascati, il comunista Scoccimarro, ministro delle finanze in carica, affermò: "Nessuno in Italia potrebbe impedire la rivoluzione, nel caso che il referendum fosse favorevole alla monarchia " (6).
E il comunista Emilio Sereni, membro della Consulta, e poi senatore e deputato, disse in un suo discorso all'assemblea : " Se per lontana ipotesi la monarchia dovesse prevalere per scarsa maggioranza, si avrebbe la guerra civile... " (7).
Scrive Renzo Trionfera : " Palmiro Togliatti in attesa del vento del nord, scatenava la piazza contro il governo di cui era membro, facendo agitare dai dimostranti cartelli con le scritte: 'A morte Umberto'; 'A morte il criminale di guerra Taddeo Orlando'. E il criminale di guerra era il comandante generale dei carabinieri " (8).
Il Cavicchioli commenta: "Questo era stato lo spirito della propaganda repubblicana dei socialcomunisti in tutte le piazze dell'Italia settentrionale. E questo è il primo indiscutibile motivo che infirma la validità del referendum.Molti elettori al nord subirono la violenza, si rassegnarono a votare per la repubblica, proprio per non correre rischi, per impedire le nuove stragi che i comunisti promettevano in caso di vittoria monarchica " (9).
E non basta. Racconta Luigi Barzini jr., nel suo ricordato studio La verità sul referendum: " Organizzazioni armate terrorizzavano intere regioni " (10).
E più oltre precisa : " Intere zone del settentrione erano minacciate da formazioni armate clandestine, che, in verità, volevano instaurare un regime totalitario marxista, ma che, per il momento, si accotentavano di una repubblica democratica " (11).
E Vincenzo Caputo: " Mentre i repubblicani potevano liberamente e senza correre alcun rischio condurre la propria campagna propagandistica e abbandonarsi perfino a ogni sorta di abusi e di violenze, i monarchici erano costretti, si può dire, a conservare nell'intimo dell'anima il sentimento della fedeltà al Re, non potendo contribuire alla campagna senza il pericolo di rimanere vittime delle peggiori sopraffazioni " (12).
Luigi Romersa e Bonaventura Caloro, nella citata inchiesta dal titolo Finalmente parlano gli alleati: così cadde la monarchia italiana, precisano : " Con queste parole, Herbert Matthews (del New York Times) fece il punto della situazione italiana...: 'La mia impressione.., era che il fascismo non fosse morto. Riviveva, anzi, nelle sue forme peggiori, con altri uomini, con camicie di differente colore e con altre etichette politiche' (13).

Questa dichiarazione del Matthews conferma quanto egli aveva già scritto nel suo volume I frutti del fascismo, essere cioè “il fascismo il pericolo numero uno della vita italiana "; intendendo con la parola fascismo la mentalità totalitaria e violenta, subito invalsa e fatta propria da alcuni movimenti politici succeduti al fascismo stesso di Mussolini.
Dice in proposito Giovanni Artieri nella sua opera già indicata : " Cos'era, se non fascismo rosso l'affermazione di Lussu : 'Se io fossi ministro degli Interni, il movimento dell'uomo qualunque non vivrebbe più di tre giorni' ?; cos'era se non attivismo totalitario quel promuovere, all'annunciarsi della crisi Parri, cortei, una catena di violenze, manifestazioni, bombe e conflitti in tutta Italia ?" (14).
Molti di noi ben ricordano la triste e vergognosa atmosfera del linciaggio di Donato Carretta (15), di piazzale Loreto, del triangolo della morte in Emilia; atmosfera che culminerà nella caduta della monarchia e nell'invio alla Camera dei deputati di Walter Audisio, come nel 1919 l'atmosfera di allora aveva inviato alla Camera il disertore Misiano.E che questa dolorosa, ma significativa descrizione dell'atmosfera in cui si preparò e si svolse il referendum, non sia frutto o deformazione provocata da sentimento passionale, lo dimostrano le parole del giornalista americano Herbert Matthews, sopra riportate; tanto più gravi, in quanto egli aveva guardato con simpatia prima alla rivoluzione in Spagna e poi alla caduta del fascismo.Lo stesso signor David Key, che, quale incaricato di affari, sostituì nel marzo 1946 l'ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, Alexander Kirk, dice: " Roma viveva giornate agitate, c'era una gran confusione di lingue e di idee... Nel nord c'era aria di rivoluzione... " (16).

Note
1 Luigi Cavicchioli, Il referendum che esiliò i Savoia, Milano, Rizzoli, 1953: pag. 20.
2 Cavicchioli, op. cit., p. 20; vedi anche Saini, op. cit., p. 83.
3 Giuseppe Romita, Dalla monarchia alla repubblica, Pisa, Nistri-Lischi, 1959, p. 37. Di questo volume del Romita, Corrado Pecci dice che fu « probabilmente messo insieme e rimanipolato malamente dal figliolo del Romita... » (in « La Repubblica, il valzer e il referendum », art. su « Il Borghese », 11 febbraio 1960).
4 Romita, op. cit., pag. 43.
5 Renzo Trionfera, Messaggio Segreto, in « L’Europeo », n. 50, 13 dicembre1950.
6 Cavicchioli, op. cit., pag. 22.
7 Cavicchioli, op. cit., pag. 22.
8 'l'rionfera, art. cit.
9 Cavicchioli, op. cit., pag. 22.
10 Barzini, artt. cit., ivi, 2 gennaio 1960.
11 Barzini, artt, cit., ivi, 7 gennaio 1960.
12 Vincenzo Caputo, Repubblica e referetldum, AIilano, Castaldi edit., 1959, pag. 18.
13 Romersa e Caloro, art. cit., ivi, n. 27, 2 luglio 1960.
14 Giovanni Artieri, Il Re, Milano, ediz. del Borghese, 1959, pag. 318.
15 Artieri, op, cit., pag. 240 e segg.
16 Romersa e Caloro, art. cit., in « Il Tempo illustrato», n. 28, 9 luglio 1960, pag. 40.