Il movimento monarchico irpino dal dopoguerra agli anni ‘60

Il movimento monarchico irpino dal dopoguerra agli anni ‘60

Di Romeo Castiglione
6 settembre 2011

Il primo baluardo contro la DC in Irpinia fu innalzato sulle basi del movimento monarchico. L’area della destra conservatrice, negli anni del dopoguerra, offrì un’alternativa solida alla potenza schiacciante democristiana. Effettivamente si consumò uno scontro-confronto tra concezioni della società radicalmente opposte.

In seguito all’esperienza del Blocco Nazionale della Libertà prese forma l’idea restauratrice sfociata nella nascita del Partito Nazionale Monarchico nel 1947, per merito dell’onorevole di Bonito Alfredo Covelli. Si addensarono fermenti di vario genere e di vario orientamento: l’unione fu impostata sull’effimera speranza di un ritorno alla precedente forma di modello istituzionale.


Le elezioni del 1948 furono contraddistinte per il forte consenso dei voti conservatori alla democrazia cristiana.
Conclusa la campagna elettorale del 1948, il PNM fondò il programma sulla differenza sostanziale dalla DC. Infatti, un nucleo non marginale di voti ritornò ad dar manforte al partito covelliano.

La sconfitta del blocco comunista sostituì il bisogno primario: le discrepanze si accentuarono e perdurarono. Iniziò un duro testa e testa terminato con la vittoria dello scudocrociato. I monarchici conquistarono ampie fette di consenso tra i settori sottoproletari della provincia e grazie all’ingresso di persone come Emilio D’Amore e Alfredo De Marsico acquistarono una larga legittimità.

« L’interesse del mondo rimasto fedele a casa Savoia – Scrive Giovanni Acocella nel suo libro Notabili, istituzioni e partiti in Irpinia - l’opportunità di sfruttare uno spazio di consenso, privo di referenti, resero possibile la nascita di un partito che fondava le sue ragioni d’essere nella restaurazione dell’istituto monarchico con le proposte sociali, ovvie e conseguenti, di un movimento sostanzialmente conservatore. Del resto un’area di consenso si era formata attorno al Blocco delle Libertà»

Il PNM vinse addirittura le elezioni comunali ad Avellino nel 1952 con Olindo Preziosi e si radicò sul territorio come unico antidoto alla DC. I risultati furono eclatanti: raccolse 4.998 voti (pari al 27,30 %) contro i 4.184 dell’avversario popolare (pari al 22,85 %); nei piccoli centri come Manocalzati, si sperimentò l’accordo tra PNM e MSI sulle schede elettorali negli anni da sindaco di Giuseppe Del Mauro. Praticamente si fecero le “prove tecniche” (a livello prettamente locale) per l’accordo programmatico dell’intera area di destra: i monarchici confluirono all’interno del Movimento Sociale nel 1972 per gettare le basi della Destra Nazionale.

«Si creò in Irpinia – ricorda Acocella - la singolare realtà che alcune zone erano diventate difficilmente penetrabili per il partito di maggioranza relativo, pur avendo questa posizione di strapotere e pur essendo il Partito Monarchico formalmente fuori dalla stanza dei bottoni».

Intorno alla stella e corona si ritrovarono diverse espressioni della società irpina. Si trattò di un elettorato critico e “rabbioso”. I vasti settori proletari interpretarono nella scelta monarchica un voto di protesta, il primo della fase repubblicana; nella base, quella più povera, si profuse il senso di estraneazione ai processi decisionali. Paradossalmente il Partito Monarchico trafugò in consensi finanche nell’area marxista. Se il partito fu fortemente orientato a destra, l’elettorato non lo fu in tutti gli strati. L’etichettatura di partito anti-potere contribuì alla crescita complessiva del movimento con voti non legati alla monarchia.


«Questa caratteristica di partito alternativo – scrive Acocella - coagulava, attorno ai monarchici anche sentimenti confusi non necessariamente conservatori e moderati, ma anti DC nello spirito, superando la stessa area di consenso naturale per quel partito.»

Una scelta sudista, cattolica e fedele alle tradizioni. Completò il quadro il sentimento retrivo e feudale del notabilato del Mezzogiorno e del Clero: un impulso plausibilmente reazionario condito dalla fedeltà ai Savoia.

L’elettore medio dei monarchici può essere distinto dal disdegno per le politiche spendaccione e per la necessità dell’ordine e della disciplina. Può mostrarsi d’aiuto l’amato cinema: il film capolavoro di Luigi Zampa “Il vigile” del 1960 con Alberto Sordi riassume con molta realtà lo spacciato sociale dell’Italia meridionale del dopoguerra. Il film, basato su una storia vera mette in risalto una serie di circostanze identiche in ogni piccola comunità.

Cosa rappresentò questo pensiero legittimista e populista per i professionisti del potere? Sicuramente un nemico da arginare con tutti i mezzi: la DC ingaggiò il più ostico duello politico animato dai valori progressisti (all’epoca). Si riprese (con le dovute proporzioni e con i dovuti paragoni) l’epica degli scontri dal sapore ideologico.
Per placare i bollori, dovette intervenire addirittura Alcide De Gasperi. Nello storico discorso irpino del 1953 lo statista attaccò duramente le destre tutte e lanciò moniti agli elettori.

La fuoriuscita di una costola del partito per mano di Achille Lauro indebolì notevolmente la forza del movimento; il neonato Partito Monarchico Popolare attecchì anche in Irpinia. Questo fenomeno contribuì alla fine naturale dell’intera area. Il corso degli eventi fu un ottimo alleato della DC poiché la scelta fuori epoca dei due partiti (PNM e PMP) procurò il lento declino e la definitiva scomparsa dal panorama politico.

Tra le figure di spicco del movimento monarchico degli anni ’60 va annoverata sicuramente Pasquale Grasso.

La DC perpetuò una lenta ed asfissiante opera di sconquassamento, mai realizzata prima; per combattere l’onda d’urto monarchica mise in campo molteplici tattiche vincenti. Il quadro dirigente democristiano mirò all’annullamento della forza della “stella e corona” con metodi anche innovativi. La battaglia all’interno della Coldiretti e l’utilizzo della classe medica in politica furono ampiamente risolutivi.

Superati gli anni ’50 al movimento monarchico restò soltanto la soddisfazione per la resistenza al tempo e al più forte partito nazionale.
Dal 1960 in poi l’Irpinia vide sempre più perfezionarsi il predominio democristiano.



Bibliografia :
Giovanni Acocella – “Notabili, istituzioni e partiti in Irpinia”