L’invasione del Piemonte

Seconda Guerra di Indipendenza 
L’invasione del Piemonte

Il piano di guerra austriaco (piuttosto vago, per le ragioni esposte nel capitolo “Verso la guerra”) era quello di invadere il Piemonte, schiacciare l'esercito sardo, inferiore di numero, prima, che fosse giungesse Napoleone III dalla Francia a dar man forte, occupare Torino, e impedire alle truppe di francesi di sboccare dalle valli alpine. Se questo non fosse riuscito, occorreva con ogni mezzo, che la guerra fosse almeno mantenuta sul territorio piemontese.
Il piano però, fallì completamente, questo perché il Feldmaresciallo Gyulai perse tre giorni preziosi prima di invadere il Piemonte. Ciò permise ai francesi di giungere in gran numero e con gran rapidità sul teatro delle operazioni. Lo stesso giorno che gli austriaci passavano il Ticino infatti, un corpo di francesi giungeva a Genova e un altro giungeva a Torino attraverso il Moncenisio.
Inoltre, pur avendo una superiorità numerica rilevante, Gyulai non riuscì a sfruttarla arrivando in breve tempo ad una battaglia decisiva sul suolo del Piemonte prima che le forze alleate si fossero organizzate e completamente schierate. In questo frangente, furono invece molto abili le poche truppe sarde, a fronteggiare gli austriaci senza farsi agganciare in una battaglia campale.


Il 29 aprile gli austriaci da Pavia, Bereguardo, Vigevano e Castelnuovo, passano il Ticino e penetravano in territorio piemontese.
“Nel varcare i vostri confini – proclamò Gyulai quel giorno stesso alle popolazioni piemontesi - non è a voi, popoli della Sardegna, che noi dirigiamo le nostre armi, bensì ad un partito sovvertitore, debole di numero, ma potente d'audacia, che opprimendo con la violenza voi stessi, ribelle ad ogni parola di pace, attenta ai diritti degli altri Stati italiani, ed a quelli stessi dell'Austria. Le aquile imperiali quando sono accolte da voi senza resistenza, saranno apportatrici d'ordine, di tranquillità, di moderazione; ed il pacifico cittadino può fare affidamento che libertà, onore, leggi e fortune saranno rispettate e protette come cose inviolabili e sacre. La costante disciplina, che nelle nostre truppe è pari al valore, è garante della mia parola.
Interprete dei sentimenti generosi del mio augusto imperatore e padrone verso di voi nell'atto di porre piede sul vostro suolo, questo solo io proclamo e ripeto, che non è guerra ai popoli né alla nazione, ma ad un partito provocatore che sotto il manto specioso della libertà - se il Dio dell'esercito nostro non fosse anche il Dio della giustizia- avrebbe finito per toglierla ad ognuno di voi. Domato che sia i1 nostro avversario, e ristabilito l'ordine e la pace, voi che ora potreste chiamarci nemici, fra poco ci chiamerete liberatori e amici".

Ma alle parole seguirono altri fatti. Queste truppe infatti, si comportarono come orde barbariche, rapinando, imponendo grosse taglie ai comuni, devastando le campagne, imprigionando i sindaci che mostravano l'impossibilità di accontentarli nelle loro richieste, mettendo le terre a sacco, facendo strage d'intere famiglie.
Il 30 aprile 1859 gli austriaci occupano Novara e si spingono verso Vercelli. Anche Mortara fu occupata. Un corpo nemico attraversò il Lago Maggiore e partendo da Laveno si impadronì di Arona, spingendo gli avamposti fino a Gozzano, mentre due piroscafi austriaci, il Benedek e il Radetzky, spadroneggiavano sul lago effettuando diversi colpi di mano nei porti delle varie cittadine sulla costa.
Il 2 maggio Gyulai aveva le sue truppe così distribuite : uno corpo d’Armata a S. Angelo e Robbio, uno a Candia e Terrosa, uno a Mede e Sartiano, uno a Torreberretti, uno a Pieve del Cairo e Gambarana. Quello stesso giorno poi una grossa colonna austriaca occupò Vercelli e la sera, un corpo di quindicimila uomini, occupato S. Nazzaro, tentò di passare di sorpresa il Po presso Cornale senza riuscirvi per il sopraggiungere della notte. Il giorno seguente avvennero qua e là lungo la linea azioni dimostrative e un forte contingente austriaco riuscì infine a passare il fiume all’altezza di Alluvioni di Cambio.

L'esercito Sardo intanto, concentrato fra Alessandria, Bassagnana, Valenza e Casale, restava pronto a piombare sulla sinistra nemica se le forze austriache avesse tentato di marciare su Torino, e utilizzando la testa di ponte di Casale, era comunque pronto ad impegnare il nemico sulla destra, se avesse voluto puntare su Tortona e Novi. Il Quartier Generale con il Re era a S. Salvatore, dove si trovava anche la 1a Divisone. La 2a stazionava ad Alessandria, la 3a fra Valenza e a Bassignana, la 4a a Casale e Giarole, la 5a a Casale e Frassineto. La Divisione di Cavalleria di linea posizionata sulla sinistra della Dora Baltea, fra Cigliano e la Mandica, assieme alla Brigata d'artiglieria a cavallo completava lo schieramento delle truppe sabaude.


Secondo il piano del comandante Gyulai, il giorno 3 maggio il Po doveva essere passato in due punti a Valenza dal 3° corpo e a Bassignano dal 2° corpo al completo. Azioni dimostrative dovevano compiere l'8° corpo, con un attraversamento sull'isola di Cambio e la costruzione di un ponte a Cornale per far credere ad una minaccia su Sale. Il 5° corpo invece aveva il compito di attaccando Frassineto. Ma qui il nemico fu respinto dal Colonnello Bozoli del 17° Reggimento Fanteria, due battaglioni del 19°, una batteria e un drappello di cavalleria, tanto che il 3° corpo d’Armata Austriaco non tentò neppure il passaggio. Nel frattempo, Gyulai, ricevuto un telegramma da Vienna che gli annunciava erroneamente il congiungimento di notevoli forze francesi con i sardi, diede ordine di distruggere il ponte di Valenza rinunciando piano.
Purtroppo per il Feldmaresciallo Gyulai, a Vienna si sbagliavano, e si sciupò l’occasione.

Nella notte del 4 maggio, gli austriaci tornano sui loro passi cercando di gettare due ponti presso Frassineto, ma presi di mira dalle batterie sarde, si ritirarono oltre Balzola. All'alba fu ingaggiato un duello tra la 18a batteria sarda e alcuni pezzi nemici piazzati nei pressi di Valenza. Lo scontro si fece per alcune ore molto feroce quando sopraggiunsero i cacciatori austriaci (fanteria leggera con funzioni esploranti) della 92a, compagnia e di un battaglione del 12° Reggimento fanteria di linea.

Passata la notte, il giorno 5 gli austriaci puntarono con grandi forze su Vercelli, praticamente indifesa, mentre il 6 e il 7 di maggio, grosse colonne austriache presero la direzione di Ivrea sulla linea della Dora Baltea. Nel pomeriggio del 7, drappelli di cavalleria austriaca comparvero tra Santhià e Stroppiana e un plotone di Ussari, avanguardia di un’altra grossa colonna giungeva a Biella occupandola. Contemporaneamente si spargeva tra le truppe piemontesi la notizia che una colonna austriaca era apparsa presso Gattinara (ad est di Biella) e manovrava per congiungersi o con gli Ussari occupanti Biella o con la cavalleria presso Santhià, per poi marciare uniti alla volta di Torino lontana poco più di cinquanta chilometri.

Confermata così la possibilità di una puntata austriaca verso la capitale, lo stesso Conte di Cavour rimasto in città, provvide ad impartire le disposizioni per la difesa.
Ordinò al Generale Sambuy di spingersi in osservazione oltre Cigliano (a 7/9 chilometri da Santhià) con tre Reggimenti di cavalleria, mentre il Generale Cialdini, su ordine del Re, dispose che i Cacciatori delle Alpi (alle dipendenze della sua 4a Divisione) marciassero da Ivrea (posta a 20 chilometri ad ovest) su Biella per prendere alle spalle il nemico, scendendo dalla Serra (una lunga collina di formazione morenica post glaciale posta alle spalle del Lago di Viverone).

Il movimento dei Cacciatori di Garibaldi iniziò all'alba dell'8 maggio, e mentre le ultime due compagnie del Reggimento Medici stavano per muoversi, apparvero provenienti da Balzola e Villanova due colonne austriache. Inizio immediatamente un intenso combattimento, che ebbe il suo epilogo con un drammatico assalto alla baionetta e relativo corpo a corpo, operato dalla compagnia. De Critoforis dei Cacciatori e da alcuni plotoni di bersaglieri. Il nemico preferì a questo punto ripiegare inseguito da reparti di cavalleria.

A Pontestura i "Cacciatori delle Alpi" trovarono il Generale Garibaldi, appena tornato da un colloquio con il Sovrano a S. Salvatore Il Re gli aveva dato l'ordine di partire "con il doppio incarico di cercare d'impedire al nemico di portarsi sopra Torino, recandosi a Biella, in modo d’agire sulla destra austriaca fino al Lago Maggiore, nel modo che meglio credeva".

Per parare la minaccia su Torino si era stabilito al Quartiere Generale di spostare l'intero esercito Sardo su Chivasso, quando si ebbe notizia che il nemico (era l'11 maggio 1859) aveva cominciato a ripiegare. Così era infatti, …temendo di essere avviluppato dalla sinistra, Gyulai che aveva sperato di scontrarsi con le truppe Sarde per liberare la strada verso Torino, rinunciava al suo piano, ritirandosi oltre la Sesia. A Vercelli comunque, lasciava la Brigata Lebzeltein, per mascherare con manovre e marce forzate i movimenti del grosso, che andava a concentrarsi verso Piacenza.
Quella del Gyulia però, non era solo timore d’essere tagliato fuori, egli aveva ricevuto un altro telegramma da Vienna che gli suggeriva un ripiegamento, in quanto "il teatro di guerra più indicato restava…il Mincio"

Napoleone III intanto, sbarca a Genova il 12 maggio. Le sue truppe lo hanno preceduto di un giorno, e tra l’11 ed il 14 maggio 1859, i due eserciti si ricongiungono presso Alessandria.

Il 13 gli austriaci, arretravano e si rinforzavano a Castelsangiovanni e, per maggior sicurezza costruivano due ponti a Vigevano. Il 14 occupavano Bobbio, quindi cominciarono a concentrarsi intorno a Mortara. Il caos tra le truppe imperiali però, era elevato, e perfino il Principe Alessandro d'Assia, non aveva notizia degli ordini e contrordini ricevuti da Gyulai.
Fra il 6 e l'11 maggio infatti, scrive nel suo diario "non arrivo a capire perché Gyulai resti così a lungo inattivo, lasciando ai francesi tutto il tempo di entrare in Piemonte…. Lascia loro una completa iniziativa". L'11 poi presso Mortara, dove si dispone il nuovo quartier generale, in una crisi di sconforto scriverà : "…qui senza dubbio soggiaceremo" !

Terminava così la prima fase della guerra, durante la quale, con suo grande pericolo, il Piemonte sostenne tutto da solo l'urto delle poderose forze avversarie. Fu un brillante inizio, in quanto pur inferiore di numero, l’esercito Sardo aveva “controllato” le mosse nemiche, e lo aveva contrastato senza impegnarsi a fondo in una battaglia campale.
Ora, raggiunto dall’esercito alleato francese, per l’esercito Sardo cominciava la seconda fase, quella delle grandi battaglie, che avrebbero dovuto decidere le sorti della campagna militare e delle speranze patriottiche.