Discorso della Corona del 18 febbraio 1861
Vittorio Emanuele II di Savoia in occasione dell’apertura a
Torino del primo Parlamento “italiano”
Signori Senatori! Signori Deputati!
Libera ed unita quasi tutta, per mirabile aiuto della Divina
Provvidenza, per la concorde volontà dei Popoli, e per lo splendido valore
degli Eserciti, l’Italia confida nella virtù e nella sapienza vostra.
A voi si appartiene il darle istituti comuni e stabile
assetto. Nello attribuire le maggiori libertà amministrative a popoli che
ebbero consuetudini ed ordini diversi veglierete perché l’unità politica,
sospiro di tanti secoli, non possa mai essere menomata. (Bravo! Benissimo!)
L’opinione delle genti civili ci è propizia; ci sono propizi
gli equi e liberali principii che vanno prevalendo nei Consigli d’Europa.
L’Italia diventerà per essa una guarentigia di ordine e di pace, e ritornerà
efficace stromento della civiltà universale. (Vivi applausi)
L’Imperatore dei Francesi, mantenendo fermo la massima del
non-intervento, a noi sommamente benefica, stimò tuttavia di richiamare il suo
inviato. Se questo fatto ci fu cagione di rammarico, esso non alterò i
sentimenti della nostra gratitudine, né la fiducia nel suo affetto alla causa
italiana. (Vivi applausi)
La Francia e l’Italia, che ebbero comune la stirpe, le
tradizioni, il costume, strinsero sui campi di Magenta e di Solferino un nodo
che sarà indissolubile. (Vivissimi applausi)
Il Governo ed il Popolo d’Inghilterra, patra antica della
libertà, affermarono altamente il nostro diritto ad essere arbitri delle
proprie sorti, e ci furono larghi di confortevoli uffici, dei quali durerà
imperitura la riconoscente memoria. (Applausi prolungati)
Salito sul trono di Prussia un leale ed illustre Principe,
gli mandai un ambasciatore a segno di onoranza verso di Lui e di simpatia verso
la nobile Nazione germanica, la quale, io spero, verrà sempre più nella
persuasione che l’Italia costituita nella sua unità naturale non può offendere
i diritti né gli interessi delle altre nazioni. (Applausi prolungati)
Signori Senatori! Signori Deputati!
Io son certo che vi farete solleciti a fornire al mio
Governo i modi di compiere gli armamenti di terra e di mare. Così il regno
d’Italia, posto in condizione di non temere offesa, troverà più facilmente nella
coscienza deile proprie forze la ragione dell’opportuna prudenza.
Altra volta la mia parola suonò ardimentosa, essendo savio
così lo osare a tempo, come lo attendere a tempo. (Applausi) Devoto all’Italia,
non ho mai esitato a porre a cimento la vita e la corona (I senatori ed i
deputati si rizzano d’un tratto in piedi e prorompono in uno scoppio ripetuto
di applausi e di acclamazioni al nome del Re); ma nissuno ha il diritto di
cimentare la vita e le sorti di una Nazione. (Vivissimi segni di assenso)
Dopo molte e segnalate vittorie, l’Esercito italiano,
crescente ogni giorno in fama, conseguiva nuovo titolo di gloria espugnando una
fortezza delle più formidabili (Applausi). Mi consolo nel pensiero che là si
chiudeva per sempre la serie dolorosa dei nostri conflitti civili. (Vivissimi
segni di assenso)
L’armata navale ha dimostrato nelle acque di Ancona e di
Gaeta che rivivono in Italia i marinari di Pisa, di Genova e di Venezia.
(Applausi)
Una valente gioventù, condotta da un Capitano che riempì del
suo nome le più lontane contrade, fece manifesto che né la servitù, né le
lunghe sventure valsero a snervare la fibra dei Popoli italiani. (Vivissimi
applausi)
Questi fatti hanno inspirato alla Nazione una grande
confidenza nei proprii destini. Mi compiaccio di manifestare al primo
Parlamento d’Italia la gioia che ne sente il mio animo di Re e di Soldato.
(Salve unanime e fragorosissima di prolungati applausi)
[Atti parlamentari del 18/2/1861]