Edgardo Sogno - Ricordo di Franco Malnati

Ricordo di EDGARDO SOGNO

Di : Franco Malnati

Il lettore noterà, forse, una certa “cesura” nel mio intervento qui stampato, fra la parte in cui si narra l’avventura patriottica di Edgardo Sogno e quella in cui si fa un discorso più generale sulla Resistenza monarchica e sulla Monarchia, sia pure mantenendo Sogno come personaggio centrale.
In realtà, la spiegazione è abbastanza semplice.
In linea di massima, io avrei dovuto limitarmi a presentare, il 10 dicembre a Bergamo, l’oratore ufficiale, lo scrittore e giornalista Luciano Garibaldi, amico personale del grande Scomparso. La seconda parte del mio discorso era appunto, in origine, la mia presentazione della commemorazione vera e propria.
Ma un improvviso impedimento di Garibaldi, quasi all’ultimo istante, mi ha costretto a sostituirlo completamente, sia pure - ne sono certo - in maniera inadeguata; ed ecco la prima parte, frutto di improvvisazione personale, anche se, almeno spero, abbastanza fedele alla verità. Mi scuso in anticipo di eventuali imprecisioni od errori, attribuibili alla fretta, che è sempre cattiva consigliera!
Comunque, va detto che, proprio nell’ultima settimana prima dell’incontro al “Donizetti”, vi era stato il fatto nuovo, non irrilevante, delle polemiche insorte in occasione delle anticipazioni di stampa sul libro “Testamento di un anticomunista” (poi uscito in libreria), edito dalla Mondadori sotto forma di interviste di Sogno, nell’ultimo periodo della sua vita, al giornalista Aldo Cazzullo.
Le anticipazioni, concentrandosi soprattutto sulla cosiddetta vicenda del “golpe bianco” del 1975, avevano dato l’impressione di una confessione dell’intervistato, intesa quasi ad autoaccusarsi di un attentato alla democrazia, ed avevano dunque consentito al solito coro mercenario di servitori del regime repubblicano di intonare il “crucifige”, esaltando con disgustosa piaggeria l’attuale presidente della Camera dei Deputati, Luciano Violante, che all’epoca dei fatti, come magistrato, lo aveva fatto arrestare.
La mia commemorazione, perciò, dovette necessariamente inserire una breve e sommaria trattazione dell’argomento, che peraltro non mi riuscì particolarmente difficile, in quanto sostanzialmente conoscevo il pensiero “vero” di Edgardo Sogno, e prevedevo che la lettura nel suo complesso del libro-intervista non avrebbe confermato le affrettate interpretazioni degli esegeti di parte avversaria. Come è puntualmente avvenuto.
Sogno era antitotalitario per profonda convinzione, e mai avrebbe pensato di compiere un “golpe” per uccidere la libertà e la democrazia. Soltanto, aveva individuato, e giustamente, i due grandi nemici della libertà e della democrazia, durante il Ventesimo Secolo, nel comunismo e nel nazionalsocialismo, e riteneva che la difesa della libertà e della democrazia contro questi due tremendi pericoli, e contro gli inauditi massacri che gli stessi stavano causando, giustificasse una reazione adeguata, anche forte.
Reazione forte? Diciamo meglio, guerra.
Che cosa hanno fatto, e tuttora fanno, nazisti e comunisti, se non la guerra? Non era guerra tutta l’azione di Hitler, e non è guerra, ancora oggi, l’azione del comunismo mondiale? Come ci si può opporre, ai nemici che ci fanno la guerra, se non combattendo e sconfiggendoli?
La Resistenza italiana successiva all’8 settembre, dopo l’aggressione militare nazista, ha cercato, nei limiti delle sue possibilità, di fare la guerra contro l’occupante. Sogno è stato un importante esponente di questa battaglia, e per questo, pur restando escluso (a differenza di altri) da ogni vantaggio politico, è stato insignito di Medaglia d’Oro.
Nel dopoguerra, debellato il nazionalsocialismo a prezzo di molti milioni di vite umane, si è presentata nella sua imponenza l’altra minaccia, quella comunista. Predicando l’odio, la violenza e la dittatura, il comunismo era arrivato, nel 1975, al culmine della sua potenza, e gli spiriti liberi, in ogni parte del mondo, si chiedevano come sarebbe stato possibile arrestare la sua marcia inesorabile. Ebbene, in quell’emergenza Edgardo Sogno ritenne suo dovere essere in prima linea per lottare, e cercò disperatamente alleati e proseliti, disposto com’era ad associarsi con chiunque. Non trovò nessuno. Sui muri stava scritto “meglio rossi che morti”. Lui preferiva, invece, essere morto che rosso.
Progettò, forse, piani di guerra. Ma un magistrato dichiaratamente comunista fece la guerra a lui, e lo mise in manette.
Legittimo, probabilmente, come ho detto nella mia conferenza. Legittimo, tuttavia, quale atto di guerra, non quale atto di giustizia, perché successivamente giudici non comunisti negarono fondatezza alle accuse. E le sentenze vanno accettate sempre, non solo quando fa comodo; purchè siano definitive, e purchè non sia chiara la parzialità del giudice.
Che c’entra tutto questo con il Sogno monarchico? Possono i monarchici approvare la lunga “sbandata” repubblicana e presidenzialista che questo valoroso subì durante la lunga notte del dopoguerra consociativo, dominata dal patto costituzionale tra i vecchi partiti del CLN congruamente ritoccati ed adattati?
Naturalmente, nessun monarchico ha mai avuto a che fare con quella fase della vita del Nostro. L’errore fondamentale stava nel credere che il gollismo francese, o, peggio, le soluzioni autoritarie tipo Cile e Grecia, potessero risolvere il male profondo dello Stato italiano. Allearsi con Randolfo Pacciardi, o con strani personaggi spesso manovrati dai servizi segreti, italiani e stranieri, non portava da nessuna parte, o addirittura faceva il gioco del nemico.
E d’altra parte, anche noi monarchici dobbiamo fare un buon esame di coscienza. Che cosa abbiamo fatto noi, che cosa hanno fatto gli uomini politici - e non politici - che abbiamo espresso in tutto questo tempo, per portare avanti in concreto, con energia e durezza, le ragioni della Monarchia, che brillavano luminose nel cielo della Storia, e sono state invece schiacciate brutalmente prima dal nazismo e poi dal comunismo?
Certo, la soluzione, la sola soluzione, come Sogno ha compreso in punto di morte, dopo le interviste a Cazzullo, era là, nella guerra “con bandiera”, con la bandiera sabauda, perché, come diceva la vecchia maestra di Guareschi, “i Re non si mandano via”. Questa guerra Sogno l’ha fatta fino a che ha potuto, e non l’ha proseguita nel dopoguerra perché noi non siamo stati capaci di reagire al sopruso, e lui non sopportava la debolezza, l’attendismo, il compromesso.
Ha pensato a noi, forse, come a gente senza nerbo, senza coraggio, senza spina dorsale, e ci ha abbandonati per una lunga, triste stagione.
Oggi è tornato al nostro fianco..
Eddy, abbiamo seguito per decenni strade diverse, in piena buona fede. Noi credevamo di doverci adeguare al sacrificio sublime, ma perdente, del nostro legittimo Re Umberto II°, e non abbiamo capito che toccava a noi, maggioranza tradita del popolo italiano, sventare la truffa con la nostra vigilanza, con il nostro controllo, con la nostra reazione. Il Re non poteva essere lasciato solo a decidere, doveva essere aiutato, e se necessario obbligato, a replicare, proprio in nome delle decine di morti che in quel tragico giugno avevano insanguinato il nostro Mezzogiorno. Si combatte per vincere, nessuno ha pietà per il vinto, anche se aveva ragione. Il tuo sdegno, caro Eddy, era lo sdegno del giusto che si ribella all’ingiustizia. Forse ti sei mosso fuori tempo, e hai pagato di persona, ma noi non abbiamo il diritto di censurarti.
La Storia non è finita, la Patria non è morta, le nuove generazioni sono una “tabula rasa” sulla quale, se ci impegneremo tutti, potranno essere riscritte le innumerevoli verità taciute o distorte.