I bolognesi scacciano gli austriaci - 8 Agosto 1848


I bolognesi scacciano gli austriaci - 8 Agosto 1848

Dopo la battaglia di Custoza (quindi molto dopo l'"allocuzione" di Pio IX del 29 aprile) il generale WELDEN aveva mandato sulla destra del Po un piccolo distaccamento di Austriaci che gli abitanti di Sermide avevano attaccato e messo in fuga. Il 28 luglio però, altre truppe austriache, invasero le terre dello Stato Pontificio, saccheggiando i villaggi e taglieggiando la popolazione.
Lo stesso Welden passò il Po alcuni giorni dopo marciando su Ferrara.


Pio IX protestò energicamente contro la violazione austriaca, fece i suoi indignati passi presso le potenze europee e spedì presso Welden il Cardinal Mancini, il Principe Corsini e il Ministro Guerrini, per intimargli di uscire dal suo Stato, pubblicando parallelamente la seguente dichiarazione :

"Sua Santità è nella ferma risoluzione di difendere lo Stato suo contro l'invasione austriaca con tutti i mezzi che lo Stato e il ben regolato entusiasmo dei suoi popoli possono fornire. Sua Santità smentisce altamente per mezzo nostro le parole del signor maresciallo Welden (che accennavano al buon accordo dell'Austria con il Papa), protestando contro qualsivoglia sinistra interpretazione si volesse dare alle medesime, e dichiarando che la condotta del signor Welden stesso è tenuta da Sua Santità come ostile alla Santa Sede ed a Nostro Signore, il quale può intendere e intende di separare la causa dei suoi popoli dalla sua, e ritiene come fatta a sé ogni onta, ogni danno arrecato ai popoli medesimi".

Il Maresciallo Welden però, non si curò delle proteste, occupato il Ferrarese. Fatto ciò, proseguì su Bologna, mentre il Liechtenstein marciava su Parma, Reggio e Modena.

Bologna, per l'assenza del Cardinale Amat, era governata da Cesare Bianchetti, che riuscì a stento a trattenere i cittadini, che volevano respingere con la forza gli invasori, nonostante che oltre novemila volontari (lasciati liberi di ritirarsi, con la promessa di non combattere gli austriaci per tre mesi dopo la capitolazione di Vicenza e Treviso) fossero già partiti con i loro diciannove pezzi d'artiglieria. In città infatti restavano poco più di duecentottanta carabinieri, centotrentasei finanzieri e la guardia civica comandata dal Conte Pelosi.

All'avvicinarsi degli Austriaci, Bianchetti, mandò a parlamentare presso Welden, Cesare Brunetti e Filippo Martinelli, ottenendo almeno che le truppe si accampassero fuori della città, limitandosi ad occupare le porte S. Felice, Galliera e Maggiore. Ma l’incidente tra un nemico arrogante e le popolazioni mal disposte a sopportare, non poteva mancare, ed infatti, il giorno 8 in una trattoria, un ufficiale austriaco, avendo insultato un cittadino, fu disarmato e malmenato come si deve. Era quanto serviva al Maresciallo Welden, che avuta notizia del fatto, intimò subito la ricerca e la consegna dei colpevoli con la pretesa della consegna immediata di alcuni ostaggi.
Bianchetti, con grande nobiltà, offri in ostaggio se stesso, ma il popolo non lo permise. Allora, circa  quattromila Austriaci tentarono di entrare in città per occuparla, ma al suono delle campane  (improvviso) il popolo si sollevò.
Drappelli di cittadini scendevano armati nelle vie decisi a scontrarsi con il nemico; dalle case e dai tetti si sparava e si lanciava di tutto; dai casolari e dai villaggi vicini numerosi contadini accorrevano con forche e bastoni e ogni cosa utile a dar man forte ai fratelli della città.

Sorpresi e vistisi a mal partito, gli Austriaci, si arroccarono con l'artiglieria sull'altura della Montagnola, intorno alla quale in breve si concentrò un accanito scontro armato. Un centinaio tra carabinieri e finanzieri, guidati dal Sottotenente Francesco Bonesi e seguito da numerosi cittadini diedero l'assalto alla Montagnola e, respinta una colonna nemica che tentava di coglierli alle spalle da porta Lamme, riuscirono dopo tre ore di combattimento a mettere in fuga gli Austriaci.
I Bolognesi ebbero quel giorno centodieci uomini fuori combattimento, mentre i nemici lasciarono sul terreno centottanta soldati tra morti e feriti, cinquecento di prigionieri circa e la perdita di alcuni cannoni.

La mattina del 9 agosto, gli Austriaci, in tre colonne, attraverso Panigale, Corticella e Sabbione lasciarono Bologna in direzione del fiume Po, mentre dai paesi vicini schiere d'armati accorrevano nel capoluogo per ingrossarne le difese.

Radetzky, che aveva disapprovato l'operato imperioso del Welden, preoccupato dallo stato emotivo delle popolazioni pontificie aggredite e dalle reiterate proteste del governo di Roma, aveva infine richiamato a se le truppe. Bologna era salva !
A Roma, il Conte Fabbri, Ministro dell'Interno Pontificio intanto, esaltava in un pubblico manifesto il valore dei Bolognesi ed assicurava il popolo che sarebbe stata tutelata l'incolumità dello Stato.

Il manifesto recitava :

"Cittadini, i valorosi Bolognesi perseverano nell'eroica difesa della loro città loro e danno un ammirabile ed inimitabile esempio di amor patrio e di valore italiano. Voi pure, o Romani, animati di generosi spiriti, siete già risoluti a fiaccare la tracotanza dell'insolente straniero, e il governo vi rincuora e vi asseconda alla magnanima risoluzione. Siate fiduciosi nel governo, siate fiduciosi in me, a cui scorre nelle vene una fiamma che per anni non può spengersi, quando si tratta della libertà nostra e dell'Italia. Il governo ha già aperto i ruoli, ed appena conoscerà il numero degli scritti, si farà sollecito ad ordinare la partenza, agevolando la speditezza delle marce. Intanto serbate ordine, serbate dignitoso portamento per dare, con novella prova dell'italico senno e della romana fortezza, una smentita di più allo straniero, che dopo aver attentato all'indipendenza dell'Italia, attenta a quella dello Stato della Chiesa. Unione, o Romani, abbracciamoci tutti, e con la benedizione di Dio e del Pontefice sfideremo la rabbia nemica".