La situazione delle forze navali - 1848

Prima guerra di indipendenza italiana
Situazione delle forze navali e generalità

La “rivoluzione” del 1848 e la prima guerra di indipendenza come abbiamo già descritto in altri capitoli di questo Archivio Storico”, fu una vera e propria sorpresa per tutti.
Le operazioni navali in modo particolare, soffrirono particolarmente questa “sorpresa” che si tradusse a tutti i livelli e per tutte le forze impegnate in una evidente impreparazione e quindi improvvisazione.
Sorpresi gli austriaci soprattutto, che in pochi giorni persero tutto il Lombardo-Veneto (escluse le fortezze del Quadrilatero) e parte della flotta, sorpresi gli stessi veneziani che non seppero approfittare del momento favorevole, sorpreso il Regno di Sardegna che aveva solo poche navi e si dovette adattare a fare una guerra anche sul mare. A Roma poi fu massima la sorpresa quando il governo inviò truppe contro l’Austria, mentre il sovrano pontefice Pio IX non poteva che disconoscere la guerra in se, condizionando l’operato dei suoi stessi soldati. Sorpreso fu il governo delle Due Sicilie dove Ferdinando II dichiarò guerra all’Austria e ritardò poi la partenza delle truppe e della squadra navale mentre pensava a come fare per richiamarle senza far sparare loro, un solo colpo di cannone


L’indecisione Veneta
All’epoca la marina austriaca si avvaleva dei porti di Trieste, Capodistria, Pola e Fiume, ma il porto principale era Venezia. Gli stessi equipaggi delle sue poche navi da guerra erano per lo più costituiti all’epoca da veneti e dalmati “italiani”. Il caso volle (del tutto fortuito) che alla data del 22 marzo solo pochissime unità militari, fossero in porto a Venezia. Ciò consentì all’Austria di mantenere il dominio sul grosso della marina militare. Non essendoci infatti radiotelegrafia con cui poter comunicare a distanza con le navi in mare, i componenti italiani degli equipaggi (che erano appunto la grossa maggioranza) non poterono essere avvisati direttamente dell’avvio della ribellione, e quando le navi attraccarono a Trieste in 23 marzo 1848, furono “bonificate” negli equipaggi, sostituendo i componenti “italiani” (internati) con uomini di altre etnie dell’Impero, in maggioranza croati.
Un tentativo ingenuo di avvisare questi equipaggi, fu affidato ai comandanti delle navi mercantili del Lloyd di Trieste, che evacuavano le truppe austriache da Venezia per Trieste. Il Lloyd però, era una società austriaca, pertanto nessuno consegnò i messaggi.
Occorre puntualizzare, che da allora, gli “italiani” a bordo delle unità militari austriache non furono più visti come giustamente era, il miglior personale disponibile nell’Impero, ma semplicemente come la soluzione più problematica sotto l’aspetto della sicurezza e della fedeltà. Viene quindi sfatata a priori, la favola (di certa politica secessionista) di oggi, che vuole che a Lissa, nel 1866, gli italiani vennero sconfitti dai veneti, in quanto a quella data, gli “italiani” in servizio sulle navi militari austriache erano ormai molto pochi, proprio a causa delle vicende legate alla prima guerra di indipendenza italiana del 1848-49 ! 
Tornando invece alla nostra storia di quel marzo 1848, occorre comprendere che quasi tutti gli addetti all’arsenale di Venezia, erano chiaramente veneziani e veneti !
E fu così che le poche navi presenti in porto, passarono dalla parte del Governo veneziano.
Due corvette da 24 cannoni e due brigantini da 16 cannoni.
È chiaro che,  se vi si fosse trovata la maggior parte della flotta imperiale, l’esito della guerra in mare adriatico e forse anche della guerra stessa nella sua totalità, avrebbe potuto avere un diverso epilogo.
Comunque, oltre alle due corvette e ai due brigantini, alla data del 17 marzo, erano in costruzione una fregata da 40 cannoni, un brigantino da 16 cannoni, una goletta da 10 ed un piroscafo da 120 cavalli in avanzato stato di completamento.
Quest’ultimo, poi battezzato Pio IX, fu l’unico terminato a tempo per essere utilizzato nelle operazioni navali condotte dalla squadra veneta.
Le restanti unità in costruzione, vennero sospese, non si pensò neanche di armare le navi mercantili presenti in porto in buona quantità. Erroneamente quindi, si concepì fin dall’inizio una guerra difensiva, costruendo o adattando piccole imbarcazioni,  da impiegare come cannoniere in laguna.

Venezia insomma, nonostante i suoi precedenti storici di estrema grandezza marinara, non seppe trovare un personaggio che comprendesse la necessità di condurre la forza navale disponibile ad una guerra sul mare. Il contrammiraglio Bua, al comando, seppur munito di tanta buona volontà, non si mostrò all’altezza del compito al quale era stato promosso.

La squadra austriaca infatti, già dopo un mese dopo, pur con equipaggi “assortiti”, fu in grado di annunciare il blocco navale della città. Anche il blocco navale però, non si sarebbe potuto mantenere se solo i veneziani avessero pensato ad approntare una forza equivalente con le forze presenti in arsenale ed in porto.
Ciò fu dimostrato quando, all’orizzonte apparve la flotta Napoletana; le navi austriache si dileguarono rapidamente.
Esse ignoravano, evidentemente, che il comandante napoletano contrammiraglio De Cosa, pur disponendo di una squadra consistente (cinque pirofregate, due fregate, una corvetta ed un brigantino), salpando ai primi di maggio, aveva ricevuto da re Ferdinando l’ordine di non aprire il fuoco, salva l’essere preventivamente attaccato dalle unità austriache.

La flotta sardo-piemontese
Il Regno di Sardegna, nel 1848, non poteva certo essere definito una potenza sul mare e, pur avendo acquisito con i trattati del 1814 l’ex Repubblica di Genova, non s’era ancora fatto a tempo ad incamerare e a mettere a frutto l’esperienza delle sue maestranze. Queste, applicate ad una buona flotta mercantile, erano invece state poco impegnate nel creare preventivamente sul mare, uno strumento militare efficiente.
Nonostante ciò, allo scoppio della guerra, la cantieristica genovese fece dei veri e propri miracoli e, in due mesi soltanto, allestì quattro fregate, una corvetta, due brigantini e nove navi a vapore per il trasporto di uomini armati e materiali bellici, delle quali due classificabili addirittura come navi da guerra ausiliarie.

La piccola squadra venne affidata all’ammiraglio Albini, che raggiunse a Venezia il 22 maggio 1848, ove si congiunse con la squadra napoletana e la flottiglia veneta.
La riunione delle tre flotte accese a Venezia l'entusiasmo generale, giacché esse, insieme, erano nettamente superiori alla forza della squadra austriaca.
La cosa più importante però, e che l’ammiraglio, l’Albini, giungeva in Adriatico con ordini precisi : cercare e distruggere la flotta austriaca.

Alberto Conterio

Tratto da : Storia della Marina – Vol.1 – Fabbri Editori 1978