Le forze in campo

Seconda Guerra di Indipendenza 
Le forze in campo

La seconda guerra di indipendenza italiana vede essenzialmente lo scontro di tre eserciti, quello Sardo, l’esercito francese e l’esercito Imperial Regio austriaco.

L'esercito sardo, dopo aver dato ottima prova di se, nella campagna del 1848 era forte di circa 70.000 uomini, con 4.000 cavalli e 90 cannoni, ed era ripartito in cinque divisioni, comandate dai tenenti Generali Castelbrugo, Fanti, Durando, Cialdini e Cucchiari.
Nonostante la grande disponibilità di volontari da ogni parte d’Italia, l’Esercito Sardo, non era stato ingrossato oltre modo, come fatto con poco successo nella breve campagna del 1849. alla ripresa della prima guerra d’indipendenza infatti, si portò in campo oltre 130.000 uomini, rinunciando al perfetto addestramento e alla proverbiale disciplina dell’armata in favore del numero.
In questa occasione, gli unici volontari arruolati, erano stati inquadrati in due corpi autonomi, quello dei "Cacciatori degli Appennini", organizzato presso Acqui dal Generale Ulloa, e quello dei "Cacciatori delle Alpi", raccolto tra Cuneo e Savigliano dall’eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi, che nell’occasione, era stato nominato dal Re, Vittorio Emanuele, Generale.


Addestramento e disciplina tra le truppe erano tornato a livelli eccellenti, e la campagna di Crimea di 4 anni prima, che aveva visto impegnato un contingente Sardo Piemontese aveva dato conferma di ciò con l’ottimo comportamento di soldati e ufficiali alla Battaglia della Cernaia.
Il Conte di Cavour, con la sua politica estera aveva condotto abilmente alla guerra isolando internazionalmente l’Austria, ma in guerra ci andò il Re, che aveva speranza di essersi liberato dell’invadente Ministro. Il Re aveva un capo di Stato Maggiore nel Tenente Generale Morozzo della Rocca, di sua fiducia, ma il Conte di Cavour, non passa in seconda linea, …resta a Torino a fare il presidente del Consiglio, il ministro degli Esteri, degli Interni e l'interim della Guerra (…tutto insomma), distaccando come rappresentante del governo al Quartier Generale dell’esercito, il “ministro al campo” Alfonso La Marmora.
Vittorio Emanuele, che non era uno stratega, era però un combattente nato, che non si era tirato indietro neppure durante le fasi più critiche della battaglia di Custoza del 1848. Soldato lucido e rapido nelle decisioni, non conosceva paura. Egli aveva appena  respirato a pieni polmoni “la liberta” partendo per campo, senza il tirannico Cavour, quando il Conte iniziò a scrivergli consigli, raccomandazioni di ogni sorta e anche ordini. Con il La Marmora inoltre, che agiva da controllore, si arrivò ben presto alla rottura. Il Re infastidito scrisse al Cavour "Noi due insieme non possiamo stare. Siamo sempre di opinione opposta. Se la cosa continuerà così, tutto andrà male. Vuol far tutto lui, comandare tutto lui" poi aggiunse anche un sarcastico rimprovero "Sappia che è ridicolo fare progetti a Torino, mentre noi, che siamo sul posto, ci caviamo la pelle per fare il nostro overe...avrà mie nuove, ma io non scriverò più".
Cavour non si scompose  e gli rispose per le rime: " In altre circostanze avrei dato le dimissioni, ma nelle attuali, un ministro ha l'obbligo di rimanere al suo posto". E non si scrissero più davvero, fino a quando non arrivò il "padrone" della guerra come lo chiamava Vittorio Emanuele : Napoleone III.
L’Imperatore infatti, ebbe il comando supremo delle forze alleate, e allora Vittorio Emanuele, ormai comandato da tutti, tornò a scrivere a Cavour ironizzando :  "Sono io ora il Cavour del degnissimo Imperatore il quale ci comanda a bacchetta"

L’esercito francese giunto in soccorso del Regno di Sardegna, è forte di 130.000 uomini, 2.000 cavalli e 312 cannoni, diviso in cinque corpi d’armata. Il primo al comando del Maresciallo Baraguay d’Hillioers, il secondo comandato da Mac Mahon, il terzo da Canrobert, il quarto da Niel e il quinto dal Principe Napoleone. A parte vi era poi la Guardia Imperiale al comando del Maresciallo Regnaud de Saint Jean d'Augely. Comandante supremo come abbiamo scritto, Napoleone III, che aveva come capo di Stato Maggiore il Maresciallo Vaillant.

Più numerose dei due eserciti alleati riuniti erano le forze schierate dall’Imperial Regio esercito austriaco, formato da 220.000 uomini con più di 820 cannoni e circa 20.000 cavalli. Diviso in sei corpi d'armata agli ordini di Ufficiali preparati quali : Stadion, Zobel, Benedek, Schwartzenberg, Liechtenstein, Schoofgottoshe, cui poi s'aggiunsero le forze del corpo d’armata di Clam Gallos.
Comandante supremo delle forze in Italia il Conte Gyulai, che aveva come capo di Stato Maggiore il Colonnello Kuhn.

Bibliografia :
F. Cognasco - Vittorio Emanuele II - Utet 1942