Il vincitore chiede un armistizio al vinto
Antefatti al trattato di Villafranca
Doveva costare molto a Napoleone fare il primo passo verso
un armistizio. Non s’era mai visto un vincitore che chiedeva una tregua d’Arme
ad uno sconfitto, ma l’occasione gli venne da un fatto singolare; giunse al
comando sul campo un Capitano austriaco inviato dai familiari a reclamare il
cadavere del Principe Carlo Windischgraetz caduto nella battaglia di Solferino.
Napoleone non solo si diede personalmente molto da fare per
trovare il cadavere del nobile tra i tanti ammassati ancora sui campi, ma
assolto il dolente compito incaricò il Capitano di ringraziare l'Imperatore
(Francesco Giuseppe) del modo in cui trattava i prigionieri francesi, lasciando
anche cadere alcune considerazioni sulla tragica guerra e al "desiderio di
porvi fine con un armistizio".
Gli sviluppi di queste “confidenze” verbali non sono
verificabili chiaramente, ma l’Imperatore Napoleone poche ore più tardi
scriverà una lettera a Francesco Giuseppe.
Questa venne consegnata a notte fonda il 6 luglio.
Una carrozza con l'aiutante di campo di Napoleone, il Conte
Fleury, entrò nel quartier generale dell'Imperatore Francesco Giuseppe, per
consegnare uno scritto di Napoleone. L’Imperatore austriaco, già a letto per
riposare, ricevette l’aiutante di campo francese in calzoni ed una strana
tunica azzurra… fatto inusuale per l’Imperatore sempre attentissimo
all’immagine e all’etichetta. Era quindi una sorpresa inaspettata davvero!
Scrisse Napoleone : "Mio signor fratello, mi si
comunica da Parigi che una grande Potenza vuol proporre un armistizio ai
belligeranti. Se Vostra Maestà lo volesse accettare, desidero saperlo, poiché
in tal caso ordino alla flotta, che attaccherà Venezia, di non intraprendere
nulla perché è nostro dovere impedire un inutile spargimento di sangue"
Questo scambio epistolare tra Napoleone III e Francesco
Giuseppe si trova nell'Archivio di Stato di Vienna ed è stato pubblicato per la
prima volta dal senatore Francesco Salata nella “Nuova Antologia”, volume 232,
serie VI, 16 dicembre, pag 289, quindi è un documento provato ed autentico,
mentre la corrispondenza tra Alessandro d'Assia e l'imperatore Napoleone, che
con lui pone le premesse per il convegno di Villafranca, è pubblicata in “La
Tragedia di Tre Imperi”, Mondadori anno 1951) per la prima volta in base alle
lettere originali di Napoleone e al diario (17 volumi) del Principe Alessandro
d'Assia è conservata presso l’archivio del Castello di Walchen.
Francesco Giuseppe, stupito e all’oscuro della “proposta
della grande Potenza”, è comunque interessatissimo è disponibile alla richiesta
(non gli sembra vero). La risposta a Napoleone non si fece attendere, pur
restando vaga e sibillina : "... avendo tratta la spada solo per la difesa
dei miei diritti, apprezzo troppo i benefizî della pace per non accoglierne di
gran cuore la proposta; sono però bensì disposto a subire le conseguenze di una
guerra sino a ora sfortunata, purché compatibili colla dignità della mia
corona, sulla quale ad ogni costo non acconsentirò mai sia menomata della
considerazione per tanti secoli goduta; soprassiedo quindi per il momento ad
accogliere l'invito del convegno propostomi nel timore che, dopo avere stretta
la mano dell'amico Imperatore dei Francesi, mi sarà difficile poi doverlo
incontrare di nuovo come nemico sul campo di battaglia"
Per Napoleone, Francesco Giuseppe aveva comunque espresso
una volontà di pace, e questa era l’unica cosa che davvero importava
all’Imperatore dei francesi.
Ora però restava il compito difficilissimo di mantenere
l’onore e la dignità di vincitore…
Nella stessa notte quindi scrisse una lunghissima lettera,
millantando ingenti forze a disposizione, assicurando che avrebbe proseguito la
guerra a oltranza, ma allo stesso tempo, modifico le primitive e forse esose
pretese, che avrebbero potuto turbare “ la considerazione per tanti secoli
goduta” di Francesco Giuseppe, proponendo una federazione di stati italiani
sotto la presidenza del Pontefice (il vecchio progetto Neoguelfo di Carlo
Alberto di Savoia del 1848 insomma), ed infine fissava subito un incontro a
Villafranca per definire con la reciproca buona volontà i dettagli. Sappiamo
per certo che questa seconda lettera, fu consegnata agli austriaci in data 7
luglio 1859, ma Napoleone nel tentativo di allontanare da lui la responsabilità
dell’iniziativa (comunque non onorevole), avvertì l'alleato Vittorio Emanuele,
mettendolo a parte della gravità della situazione internazionale, delle
oggettive difficoltà militare (peraltro già conosciute). Il Re di Sardegna fu
sconcertato dalla piega degli avvenimenti e dalla notizia dell'incontro già
programmato, che sulla strada del ritorno per Mozambano (suo quartier
generale), ruzzolò a terra da cavallo pur non facendosi quasi nulla. Forse per
un malore o forse soltanto per la rabbia!
La mattina del giorno 8, s'incontrarono a Villafranca il
Maresciallo Hess, il Maresciallo Vaillant e per il Regno di Sardegna il
Generale Della Rocca che sottoscrissero i patti di una tregua d’armi valida
fino al 15 agosto. Fallirono invece i preliminari alla pace vera e propria
intrapresi con il Principe D'Assia per l’ancor troppo esose richieste alleate.
Brutto colpo per Napoleone III, che torna alla carica
esprimendo (con un semplice bigliettino) a Francesco Giuseppe, il desiderio di
trattare personalmente con lui.
"...Abbiamo ogni vantaggio se ci accordiamo
direttamente tra di noi. Togliete di mezzo l'infelice questione italiana e
nulla può dividere la Francia dall'Austria. Anzi l'Austria acquista per giunta
il privilegio di una reale ed intima alleanza con un grande popolo"
(Scambio epistolare tra Napoleone III e Francesco Giuseppe. Archivio di Stato
di Vienna, Vol. CCXXXII, serie VI, pag. 289).
Poi, ancora nel tentativo di allontanare da se l’onta dell’armistizio
(l’Imperatrice Eugenia si era lamentata di questo fatto) tenta di scaricare la
responsabilità sull’alleato Vittorio Emanuele, che Sovrano di un piccolo regno,
si sarebbe certo “adattato” a fare da capro espiatorio, ma con scarso successo
: “L’Imperatore…” racconterà lo stesso Vittorio Emanuele al Principe di
Carignano suo cugino e Luogotenente del Regno per l’assenza sua da Torino “…una
volta deciso l’armistizio, cercò di mettermi nel sacco facendomi dire che
l’idea era partita da me. Ma io declinai chiaramente ogni responsabilità del
fatto, dicendogli che dipendeva unicamente da lui nella sua qualità di
Comandate in Capo dei due eserciti”
Alberto Conterio