Napoleone III torna in Francia


Napoleone III torna in Francia

Se Cavour era furibondo, Vittorio Emanale non si sentiva certo sereno.
Oltre a dover buttare acqua sul fuoco delle polemiche e maldicenze, aveva il complesso e ingrato compito di mettere in atto le condizioni dell'armistizio su quei Ducati e quelle Legazioni, dove i "ribelli" avevano formalmente aderito al Piemonte con tante speranze, e che ora dovevano in base all'Armistizio - e questo veniva stabilito perentoriamente – dovevano fare un passo indietro, permettendo ai Sovrani “legittimi” di far ritorno al loro posto.

Dare ragione ai patrioti italiani – ufficialmente "ribelli" – non si poteva ed era pericolosissimo, i francesi erano ancora a Milano; il Re non poteva impegnarsi ufficialmente e lo disse anche: "I Toscani (con Leopoldo esule proprio a Vienna) rendano pure palese il voto al mondo, ma io non posso accettare di fatto la loro decisione di annettersi al Piemonte". Insomma dava un colpo al cerchio e uno alla botte, perché rispettando alla lettera il volere di Parigi e di Vienna, c'era il rischio di far nuovamente esplodere le insurrezioni, o peggio di favorire le organizzazioni autonome. Mazzini non aspettava altro che saltare Casa Savoia per diventare lui il punto di riferimento dell’unità. Un bel pasticcio insomma !
Comunque, "La cosa sta nell'avvenire" concluse il Re molto guardingo davanti ai rappresentanti delle varie delegazioni e poi ancora "assicuro il mio sostegno presso le potenze europee". Era certamente poco per placare le aspettative dei Patrioti, che solo pochi giorni prima vedevano la questione chiusa… e per il meglio!


A complicare le cose, ci si mise pure l’Imperatore Napoleone. Questi infatti, il giorno 12 luglio, annunziò alle sue truppe la fine della guerra con questo proclama :

"Soldati ! Le basi della pace sono stabilite con l'Imperatore d'Austria; lo scopo principale della guerra è raggiunto. Per la prima volta l'Italia sta per diventare una nazione. Una confederazione di tutti gli Stati d'Italia, sotto la presidenza d'onore del Santo Padre riunirà in un solo corpo le membra di una medesima famiglia. La Venezia rimane, è vero, sotto lo scettro dell'Austria, ma sarà una provincia italiana che farà parte della confederazione. La riunione della Lombardia al Piemonte ci reca da questa parte delle Alpi un potente alleato che ci sarà debitore della sua indipendenza. I governi rimasti fuori del movimento o reintegrati nei loro domini comprenderanno la necessità di salutari riforme. Un'amnistia generale farà scomparire le tracce delle civili discordie. L'Italia, signora ormai delle sue sorti, non avrà più di che a incolpare sé medesima se non avanza gradatamente nell'ordine e nella libertà. Voi tornerete fra breve in Francia; la patria riconoscente accoglierà con giubilo quei soldati che levarono sì alto la gloria della nostre armi a Montebello, a Palestro, a Turbigo, a Magenta, a Melegnano, a Solferino; che in due mesi hanno affrancato Piemonte e Lombardia, e hanno fatto sosta solo perché la lotta stava prendendo grosse proporzioni, tali che non corrispondevano più agli interessi che la Francia aveva in questa guerra formidabile. Andate dunque superbi dei vostri lieti successi, superbi dei risultati ottenuti, superbi sopratutto di esser i figli prediletti di quella Francia, che sarà sempre la gran nazione, finché avrà un cuore per comprendere le nobili cause e uomini come voi per difenderle !".

Lo stesso giorno, Vittorio Emanuele firmò i preliminari di pace, aggiungendo però, sotto la sua firma la nota clausola: "accetto per ciò che mi riguarda" con la quale si riserbava libertà d'azione per il futuro. Poi “ai popoli della Lombardia" indirizzò anch’esso un proclama :

"Il Cielo ha benedetto le nostre armi. Con il possente aiuto del magnanimo e valoroso nostro alleato, l'Imperatore Napoleone, noi siamo giunti in pochi giorni di vittoria in vittoria sulle rive del Mincio. Io oggi ritorno fra, voi per darvi il fausto annuncio che Dio ha esaudito i vostri voti. Un armistizio, seguito da preliminari di pace, ha assicurato ai popoli della Lombardia la loro indipendenza secondo i desideri tante volte espressi. Voi formerete d'ora innanzi con gli antichi nostri Stati una sola libera famiglia".

Il 15 luglio Napoleone III e Vittorio Emanuele II giungevano a Torino mentre l'esercito francese cominciava il movimento di trasferimento verso Genova per imbarcarsi; il 16 l'Imperatore, non potendo pretendere Nizza e la Savoia pattuite, lasciava il suolo italiano e ritornava in Francia con un rimborso per le spese di guerra di cento milioni in oro, dove l'attendevano calorose accoglienze, che dovettero compensarlo di quelle assai fredde ed anche silenziosamente ostili che gli erano state riservate durante la strada di ritorno dal Mincio attraverso la Lombardia e il Piemonte.
   
Alberto Conterio