8 settembre 1943
di Francesco Bottone
8 settembre 2006
L’8 settembre 1943 venne dato l’annuncio della firma
dell’armistizio tra il governo italiano e gli alleati anglo-americani siglato
il giorno 3 a Cassibile, vicino Siracusa, dal generale Giuseppe Castellano.
All’alba del giorno 9 settembre, il Re Vittorio Emanuele III
e il maresciallo Badoglio, con un seguito di dignitari di corte e alti
ufficiali dell’esercito, lasciarono Roma alla volta di Ortona, passando per
Pescara, Chieti, Orsogna.
Dal porto di Ortona salparono alla volta di Brindisi che
diventerà da allora e per alcuni mesi il centro dello Stato italiano.
Su questa questione del trasferimento delle massime autorità
dello Stato dalla Capitale in altro luogo a sud della Penisola si sono versati
fiumi di inchiostro e la propaganda fascista “repubblichina” prima e quella
comunista repubblicana poi l’hanno dipinta come una vergognosa fuga del Re
etichettato con l’appellativo di “fellone”, valutazioni evidentemente
condizionate da fattori ideologici.
Il Re e il governo, per esistere ed esercitare il comando
nel supremo interesse del Paese, non ebbero altra scelta che recarsi al di là
della linea del fronte, dove era operante l’esercito italiano, cioè nel Sud
Italia. Restare a Roma, oggettivamente indifendibile se non per brevissimo
tempo e al prezzo di sangue e incalcolabili rovine, avrebbe significato
impedire l’esistenza di un governo legittimo e porre la Capitale nella
condizione, di fronte agli Alleati, di essere considerata come zona da occupare
ad ogni costo.
Non di fuga allora si trattò, ma di un semplice e meditato
spostamento all’interno del territorio nazionale, grazie al quale il Sovrano
assicurò la sussistenza giuridica dello Stato e delle sue istituzioni, la
permanenza in carica e nella piena legalità del governo e della stessa
monarchia. Altri sovrani di altre nazioni europee, analogamente invase dalle
divisioni tedesche, avevano abbandonato i loro rispettivi paesi e cercato
rifugio a Londra o altrove.
La guerra era perduta, la resa senza condizioni già firmata,
che cosa avrebbe potuto fare il Re di diverso rispetto a ciò che decise di
fare? Doveva attendere a Roma l’avanzata degli anglo-americani? Con quella
sofferta, ma inevitabile decisione il Sovrano, sollecitato anche dalla Santa
Sede timorosa che la Città Eterna diventasse teatro di operazioni belliche,
mettendo in salvo la sua persona, provvide alla salvaguardia della continuità
dello Stato. Inoltre Roma, la capitale d’Italia e della cristianità, con il suo
immenso patrimonio artistico e storico, fu risparmiata da bombardamenti
devastanti proprio grazie a quella che ancora oggi qualcuno si ostina a
chiamare “fuga”.