Il Rex alla conquista del Nastro Azzurro
Il 1° agosto 1931 Vittorio Emanuele III e la moglie Elena
vararono il leggendario transatlantico. Entrato in servizio l'anno dopo,
nell'agosto 1933 attraversò in quattro giorni l'oceano, vincendo il «Blue
Ribbon» ed entrando così nella leggenda. Trasformata nel '40 in nave ospedale,
fu affondata nel 1944 dagli aerei inglesi nel golfo di Trieste
di Enrico Silvestri
31 luglio 2013
Mitica è rimasta la scena della folla di residenti e turisti
al largo delle coste di Rimini in attesa del Rex, più famoso transatlantico al
mondo, vincitore del Nastro Azzurro. Eccolo comparire in un tripudio di sirene,
schizzi d'acqua, luci e saluti. Peccato sia una scena totalmente inventata
dall'immaginifico Fellini nel suo «Amarcord» perché mai la nave aveva
attraversato l'Adriatico. O meglio lo fece una volta sola, alla chetichella,
per andarsi a nascondere nel golfo di Trieste dove sperava, inutilmente, di
nascondersi alle incursioni aeree degli Alleati. Fu infatti avvistato, bombardato
e affondato l’8 settembre del 1944. Ponendo fine a una gloriosa carriera
iniziata appena 13 anni prima.
Era infatti il 1° agosto 1931 quando il re Vittorio Emanuele
III, a cui era dedicato, e la consorte Elena, madrina della cerimonia, facendo
volare la classica bottiglia di champagne dietro vita alla leggenda. Anche se
per la prima crociera bisognerà attendere ancora un annetto. Il transatlantico
era stato commissionato dalla «Navigazione Generale Italiana» ai Cantieri
Navali Ansaldo di Sestri Ponente che iniziarono la costruzione il 27 Aprile
1930. Doveva rappresentare la potenza fascista e per questo non vennero
lesinate energie, uomini, mezzi e soprattutto quattrini. Il progetto, redatto
dall'ingegnere Achille Piazzai, fu rivisto più volte e infine fatto visionare
ai tecnici tedeschi che avevano costruito il Bremen e l'Europa, i migliori
transatlantici dell'epoca.
Il risultato fu imponente. Con i suoi 268 metri di lunghezza
e 31 di larghezza e una stazza di oltre 50mila tonnellate divenne la terza nave
più grande al mondo. E in Italia sarà superata solo nel 1991 dalla Costa
Classica. Il suo apparato motore era costituito da quattro gruppi di turbine
che azionavano altrettante eliche a 4 pale, di circa 5 metri di diametro. Narra
la leggenda che fossero così equilibrate da poter essere mosse dalla forza di
un unico uomo. La potenza dichiarata dall'Ansaldo, ma solo per confondere la
concorrenza, era di 120mila cavalli, in realtà sembra potesse arrivare fino a
142mila. Poteva trasportare fino a 3.800 persone tra 756 uomini d'equipaggio e
3.014 passeggeri: 604 in prima classe, 378 in seconda, 410 nella turistica e
866 in terza.
Il 22 settembre 1932, completato in ogni sua parte, compresi
gli splendidi arredi, fu consegnato alla «Navigazione Generale Italiana» nel
frattempo diventata «Italia Flotte Riunite» dopo la fusione con la Lloyd
Sabaudo e la Cosulich. Il viaggio di inaugurazione iniziò il 27 settembre 1932
al comando di Francesco Tarabotto, con 1.872 passeggeri a bordo. L'inizio fu
però pessimo. Un problema alla centrale elettrica di bordo rese pressoché
ingovernabile il timone, costringendo il capitano a uno sosta forzata a
Gibilterra dove attendere i pezzi di ricambio con cui riparare il guasto. Molti
passeggeri preferirono allora prendere il treno e trasferirsi in Germania, per
fare il viaggio sul più affidabile Europa. Quando giunsero a New York trovarono
però il Rex all'ancora nel porto di New York.
L'anno dopo, ampiamente rodati equipaggio e parti tecniche,
il Rex partì alla conquista del Nastro Azzurro il «Blue Ribbon», riconoscimento
attribuito alla nave passeggeri che avesse attraversato l'Atlantico, in
regolare servizio e senza scali, nel più breve tempo possibile. Non proprio una
gara di pura rapidità, poiché le navi seguivano rotte (e distanze) diverse
veniva infatti calcolata la velocità media giornaliera. Il transatlantico,
sempre al comando del capitano Tarabotto, salpò da Genova alle 11.30 del 10
agosto 1933 e, doppiato lo stretto di Gibilterra, venne «preso il tempo». Dopo
quattro 4 giorni, 13 ore e 58 minuti la grande nave da crociera entrava
trionfalmente nella baia di New York, avendo coperto le 3.181 miglia a una
media di 28,92 nodi all'ora. Togliendo così il trofeo proprio al famoso Europa.
Il Rex mantenne il «Nastro Azzurro» per un paio d'anni fino a quando il 3
giugno 1935 non dovette cederlo al francese Normandie, al suo viaggio
inaugurale. Il successo dell'impresa fu comunque tale che la Zanussi chiese, e
ottenne, di creare una linea di elettrodomestici con il nome «Rex».
Allo scoppio della guerra, anche il Rex fu «chiamato alle
armi». Lo Stato Maggiore della Marina inizialmente pensava di trasformarlo in
portaerei, imbarcazione che mancò sempre alla flotta italiana e fu causa delle
cocenti sconfitte subite dalla marina inglese. Ma non se ne fece nulla e la
nave fu adibita a trasporto feriti dal Nord Africa. Inizialmente mantenne la
sua base a Genova, ma dopo il bombardamento della città da parte delle unità
francesi il 14 giugno 1940 venne deciso il trasferimento nel più sicuro golfo
di Trieste. Qui però venne individuato e attaccato dalla Raf l8 settembre del
1944. Colpito da 123 razzi, il Rex bruciò per quattro giorni prima di
rovesciarsi su un fianco e inabissarsi. Dopo la guerra fu considerata la
possibilità di recuperarlo ma, visti i costi proibitivi, venne in parte
smantellato tra il 1947 ed il 1958.
Sparito il Rex rimase però la leggenda di quel viaggio
straordinario dell'agosto del 1933, entrato stabilmente nell'immaginario
collettivo italiano. Nel 1973 Federico Fellini nel suo «Amarcor» («Mi ricordo»
in dialetto romagnolo) ambientato a cavallo del 1932 e 1933, inserì un
fantomatico passaggio notturno del transatlantico al largo di Rimini, salutato
da una piccola folla imbarcata su natanti di ogni tipo. In realtà il Rex nei otto
anni di attività aveva sempre e solo solcato le acque del Tirreno. Quelle
dell'Adriatico le attraversò unicamente negli anni Quaranta, in gran segreto,
per rifugiarsi a Trieste nella vana speranza di sfuggire alla distruzione. Ma
questo è un «misero dettaglio storico», con cui la leggenda del Rex non ha
certo bisogno di confrontarsi.
Tratto da : www.ilgiornale.it/