SM la Regina Margherita di Savoia
Colta e comunicativa, icona dell’Italia unita
di Giuseppe Galasso
16 giugno 2011
L'Italia dei tempi di Margherita apparve, a nazionalisti e
fascisti, come una Italietta dimessa e modesta rispetto alle attese risorgimentali.
Lo si diceva sul piano diplomatico e militare (Custoza e Lissa nel 1866, Adua
nel 1896) ma anche per una permanente conflittualità interna; per la
torrenziale emigrazione dilagata dagli anni 70; per la grande distanza tra il «Paese
reale» e il «Paese legale»; per la bassa opinione della politica come non
adatta alle persone perbene; per la diffusione
di tendenze e movimenti protestatari o anarchici o
estremistici; per le continue agitazioni e disordini che diffusero un'idea
dell'Italia come Paese instabile, inadatto a un libero regime.
Eppure quell'Italietta, fino al 1876 con la Destra, poi con
la Sinistra, fu subito audace anche in politica estera, potenziò molto le sue
attrezzature e infrastrutture e modernizzò la sua struttura amministrativa,
legislativa e culturale, pur non riuscendo a risolvere problemi essenziali come
quello del Mezzogiorno.
Di questa Italia, dal 1878, fu regina Margherita di Savoia,
nata nel 1851, primogenita del duca di Genova Ferdinando di Savoia, fratello di
Vittorio Emanuele II e di Maria Elisabetta di Sassonia, dall'aprile 1868
sposata al cugino di primo grado Umberto, figlio ed erede di Vittorio Emanuele
II, nato nel 1844. Le nozze furono celebrate a Torino per dare alla città,
privata dal 1864 del suo status di capitale, un segno del permanere dei legami
con i Savoia. Analoga fu la decisione di far nascere a Napoli, allora la
maggiore città italiana e anch'essa dal 1860 non più capitale, l'unico figlio
dei Sovrani, il futuro Vittorio Emanuele III, quasi a simbolo di un forte rapporto
con la nuova dinastia.
Il matrimonio fu poco felice. Umberto aveva da tempo una
liaison con la duchessa Eugenia Litta, più anziana di lui di sette anni. Per
questo e per altro, Margherita si decise ben presto a una pratica separazione
dal marito, per cui i coniugi ebbero una vita a sé, che per la Regina fu
irreprensibile e dignitosa, mentre Umberto ebbe ancora altri amori tra cui, negli
anni 90, in gara con la Litta, la contessa Vincenza Sforza Cesarini. Nella vita
pubblica le cose, invece, non cambiarono, e Margherita restò sempre accanto al
marito, applicandosi con grande cura al suo mestiere regale.
In questo «mestiere» Umberto e Margherita si prodigarono,
viaggiando un po' in tutto il Paese, sempre con grande successo.
Ovunque Margherita risplendeva per la sua giovinezza,
bellezza, eleganza, gentilezza di modi, cultura, per la sua religiosità sincera
e fervente ma discreta, per la sua attività assistenziale e di beneficenza, per
la sua capacità e abilità discorsiva e comunicativa. Vero è che ella nutriva
un'idea tradizionalistica e paternalistica della monarchia, poco vicina al
regime parlamentare ormai radicatosi in Italia. Le sue simpatie andavano,
perciò, alla Destra più conservatrice e privarono
lei e il Re di una valida percezione della realtà italiana.
I due Sovrani svolsero, comunque, una notevole funzione
storica. Con essi i Savoia divennero una dinastia davvero italiana e tale
sentita e giudicata, offrendo a un Paese di recente unità, con una grande
varietà di tradizioni e di memorie regionali, simboli unificanti che diffusero
il sentimento nazionale anche a livello delle masse. E in ciò, indubbiamente, la
parte di Margherita fu, accanto al Re, decisiva. Il loro regno, dal 1878 al
1900, si può ben distinguere in due fasi alquanto diverse. Gli anni 80 furono
agitati ma alquanto innovativi e di consolidamento della nuova Italia.
Gli anni 90 videro, invece, crisi e difficoltà, culminate
nelle agitazioni del 1898, represse con grande spargimento di sangue; e fu in questo
clima che il 29 luglio 1900 l'anarchico Gaetano Bresci uccise a Monza il Re.
Durante il suo regno con Umberto, Margherita rese brillante
la vita di corte, come non era stata prima con Vittorio Emanuele II, né sarebbe
stata dopo con Vittorio Emanuele III, corte alla quale legò anche
l'«aristocrazia nera» di Roma e connotò notevolmente la vita sociale oltre che
quella ufficiale e cerimoniale del Paese. Si parlò, per questo motivo, negli anni
80 e 90 dell'800, di un «margheritismo», che certo non lasciò tracce
consistenti, anche se Margherita, cui andò
l'omaggio di molti poeti, artisti e scrittori - fra i quali
il Carducci - non fu mai dimenticata.
Dopo la morte del marito, ella tenne con discrezione anche
il ruolo di regina madre. Alla fine si stabilì a Bordighera, dove fece costruire
Villa Margherita e si spense nel 1926. Aperte furono le sue simpatie per i
Fasci e per Mussolini, che le ricambiava anche per il suo interesse a mostrarsi
in accordo con la madre del Re regnante.
Ai funerali, prima a Bordighera e poi, in forma solenne, a
Roma, si confermò la grande popolarità di Margherita: il trasporto della salma
si trasformò in una marcia trionfale verso l'apoteosi della sepoltura nel
Pantheon, dove già riposava Umberto I.
Tratto da : Corriere della Sera