Carlo Sforza
Il Fascista dell’ultima ora, che fine ha fatto dopo il 25 luglio 1943 ?
Dalla lettera del giorno del Corriere della Sera
Il Fascista dell’ultima ora, che fine ha fatto dopo il 25 luglio 1943 ?
Dalla lettera del giorno del Corriere della Sera
20 Ottobre 2009
Risposta di Sergio Romano
Forse occorrerà anzitutto spiegare che cosa Scorza abbia fatto fino al giorno in cui il Gran Consiglio del fascismo approvò una mozione che toglieva a Mussolini, di fatto, i suoi poteri civili e militari.
Quando divenne segretario del Pnf, nell’aprile del 1943, Scorza aveva 46 anni e, alle spalle, una lunga carriera nell’apparato fascista, fatta di alti e di bassi. Molti ebbero la sensazione che la scelta di Mussolini fosse caduta su un frusto arnese della vecchia guardia, ma Scorza prese il suo incarico sul serio e dette prova di un insospettato dinamismo. Nei suoi lunghi discorsi alle assemblee dei quadri, denunciò il grigiore della burocrazia fascista, le baronie clientelari all’interno del partito, la corruzione dilagante ai vertici del sistema politico. Disse addirittura, durante un incontro, che occorreva abolire «la professione di gerarca». Dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia fu tra quelli che cercarono di suscitare una reazione patriottica e invitò i maggiori dirigenti, senza grande successo, a impegnarsi in una campagna di conferenze attraverso il Paese. Quando apprese, alla vigilia del Gran Consiglio, che Dino Grandi aveva preparato un ordine del giorno contro Mussolini, scrisse e propose a sua volta una mozione che rendeva omaggio al re, ma era sostanzialmente mussoliniana. E la mattina del giorno dopo, a Palazzo Venezia, sostenne, nel corso di un lungo colloquio con Mussolini, che l’ordine del giorno votato durante la notte doveva considerarsi privo di qualsiasi validità. Fino al pomeriggio del 25 luglio, quindi, Scorza fu un fascista leale e inflessibile.
Il primo mutamento apparve nel tardo pomeriggio quando il segretario del partito apprese che Mussolini, dopo l’udienza con Vittorio Emanuele III, era stato arrestato. La sua prima mossa fu quella di prendere contatto con il comando generale dell’Arma dei Carabinieri dove apprese di essere al primo posto fra coloro di cui il maresciallo Badoglio aveva ordinato l’arresto. Nella sua grande opera sulla Storia della Repubblica di Salò, edita da Einaudi, lo storico inglese Frederick W. Deakin scrive che Scorza si difese osservando che «il suo arresto avrebbe lasciato i fascisti senza ordini e senza guida e avrebbe scatenato una guerra civile». L’argomento convinse il comando dei Carabinieri che lo lasciò libero; e Scorza si sdebitò impartendo alle sedi del partito l’ordine di non prendere alcuna iniziativa.
Fu quell’ordine, insieme a una lettera diretta a Badoglio nei giorni successivi, che fece di lui, dopo l’8 settembre, un «traditore». Durante la Repubblica di Salò venne arrestato e processato a Parma. E sarebbe stato molto probabilmente condannato se Mussolini non fosse intervenuto fermamente in suo favore dichiarandolo «onesto». Deakin s’interroga sulle ragioni di questa clemenza e avanza l’ipotesi che «Scorza sapesse troppe cose e che la farsa del processo fosse stata concordata precedentemente ». Liberato, fu catturato dopo il 25 aprile dai partigiani, ma riuscì a fuggire e riparò in Argentina per parecchi anni. È morto in Italia nel 1988.
Risposta di Sergio Romano
Forse occorrerà anzitutto spiegare che cosa Scorza abbia fatto fino al giorno in cui il Gran Consiglio del fascismo approvò una mozione che toglieva a Mussolini, di fatto, i suoi poteri civili e militari.
Quando divenne segretario del Pnf, nell’aprile del 1943, Scorza aveva 46 anni e, alle spalle, una lunga carriera nell’apparato fascista, fatta di alti e di bassi. Molti ebbero la sensazione che la scelta di Mussolini fosse caduta su un frusto arnese della vecchia guardia, ma Scorza prese il suo incarico sul serio e dette prova di un insospettato dinamismo. Nei suoi lunghi discorsi alle assemblee dei quadri, denunciò il grigiore della burocrazia fascista, le baronie clientelari all’interno del partito, la corruzione dilagante ai vertici del sistema politico. Disse addirittura, durante un incontro, che occorreva abolire «la professione di gerarca». Dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia fu tra quelli che cercarono di suscitare una reazione patriottica e invitò i maggiori dirigenti, senza grande successo, a impegnarsi in una campagna di conferenze attraverso il Paese. Quando apprese, alla vigilia del Gran Consiglio, che Dino Grandi aveva preparato un ordine del giorno contro Mussolini, scrisse e propose a sua volta una mozione che rendeva omaggio al re, ma era sostanzialmente mussoliniana. E la mattina del giorno dopo, a Palazzo Venezia, sostenne, nel corso di un lungo colloquio con Mussolini, che l’ordine del giorno votato durante la notte doveva considerarsi privo di qualsiasi validità. Fino al pomeriggio del 25 luglio, quindi, Scorza fu un fascista leale e inflessibile.
Il primo mutamento apparve nel tardo pomeriggio quando il segretario del partito apprese che Mussolini, dopo l’udienza con Vittorio Emanuele III, era stato arrestato. La sua prima mossa fu quella di prendere contatto con il comando generale dell’Arma dei Carabinieri dove apprese di essere al primo posto fra coloro di cui il maresciallo Badoglio aveva ordinato l’arresto. Nella sua grande opera sulla Storia della Repubblica di Salò, edita da Einaudi, lo storico inglese Frederick W. Deakin scrive che Scorza si difese osservando che «il suo arresto avrebbe lasciato i fascisti senza ordini e senza guida e avrebbe scatenato una guerra civile». L’argomento convinse il comando dei Carabinieri che lo lasciò libero; e Scorza si sdebitò impartendo alle sedi del partito l’ordine di non prendere alcuna iniziativa.
Fu quell’ordine, insieme a una lettera diretta a Badoglio nei giorni successivi, che fece di lui, dopo l’8 settembre, un «traditore». Durante la Repubblica di Salò venne arrestato e processato a Parma. E sarebbe stato molto probabilmente condannato se Mussolini non fosse intervenuto fermamente in suo favore dichiarandolo «onesto». Deakin s’interroga sulle ragioni di questa clemenza e avanza l’ipotesi che «Scorza sapesse troppe cose e che la farsa del processo fosse stata concordata precedentemente ». Liberato, fu catturato dopo il 25 aprile dai partigiani, ma riuscì a fuggire e riparò in Argentina per parecchi anni. È morto in Italia nel 1988.