La Costituzione repubblicana, promossa dai gesuiti
di Antonio Airò
10 gennaio 2012
«La nuova Costituzione è una costituzione democratica che dà un posto di conveniente rilievo alla persona umana e ai suoi diritti, concede una larga disposizione al lavoro, decentra l’organizzazione e l’amministrazione dello Stato, appoggia sul regime concordatario le relazioni tra Stato e Chiesa».
È un giudizio sostanzialmente positivo quello che il gesuita Antonio Messineo esprime sulle pagine della Civiltà cattolica all’indomani dell’approvazione della Carta fondamentale del nostro Stato, che mandava in soffitta lo Statuto albertino e chiudeva definitivamente i conti col regime fascista. Un giudizio positivo, ma non a scatola chiusa. Padre Messineo formula addirittura l’idea di un referendum popolare perché «una Repubblica generata dai partiti non avrebbe potuto essere altro che una repubblica dei partiti», anticipando di parecchio il degrado del nostro sistema politico.
Eppure a scorrere il libro di Francesco Occhetta Le radici della democrazia. I principi della Costituzione nel dibattito tra gesuiti e costituenti cattolici (Jaca Book, pp. 296. euro 24), in uscita oggi con prefazione dell’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro (ne pubblichiamo stralci qui a fianco), emerge un prezioso gioco di squadra fatto di incontri e scontri, di critiche anche dure e apprezzamenti nel quale a fare da trait d’union tra Pio XII, quell’area cattolica di destra che faceva capo al movimento «Civiltà italica» di monsignor Ronca (dai quali la Dc era accettata come il «male minore» per governare il Paese) e i costituenti cattolici – Dossetti, La Pira, Moro in testa – che si richiamavano al personalismo di Maritain, è il direttore della Civiltà cattolica padre Giacomo Martegani.
Costui riesce a far convergere sul valore fondante della dignità della persona umana (che il Papa aveva richiamato nei due radiomessaggi natalizi del 1942 e del 1944) la prima parte della nostra Costituzione che rappresenta – nota Occhetta – una «laicità positiva» anche grazie a quell’articolo 7 sui rapporti tra lo Stato e la Chiesa con l’esplicito riferimento ai patti lateranensi, che Pio XII voleva non fossero in alcun modo messi in discussione. Attraverso una rivisitazione attenta degli atti parlamentari, con gli interventi soprattutto di Dossetti, e una rilettura degli articoli dei padri Messineo, Lener, Bruccoleri e Oddone sui lavori della Costituente e ampi riferimenti al fondo Martegani negli archivi della stessa Civiltà cattolica, Occhetta non solo si sofferma ampiamente sulle tre bozze di Costituzione (la prima «desiderabile» per la Santa Sede, la seconda «accettabile», la terza «tollerabile» che doveva contenere però una serie di garanzie per la missione e la presenza della Chiesa in Italia), ma presenta anche osservazioni e giudizi della rivista, in una strategia a cerchi concentrici che tenevano conto anche della presenza del Pci – che rappresentava certamente un pericolo per la Chiesa, soprattutto se avesse vinto (come era possibile) le elezioni del 1948. Il periodico gesuita pubblica ben 7 articoli di padre Riccardo Lombardi, nei quali – ferma restando la condanna del marxismo «tanto come dottrina, tanto come prassi politica» – si ricorda che anche i principi comunisti «se storicizzati, potevano rivestire una loro importanza nella costruzione del Paese».
Ma questa «terza via» tra capitalismo e comunismo, contenuta in un articolo inviato a tutti i parroci d’Italia, non incontrò il consenso del collegio degli scrittori della rivista. Prevalse l’intransigenza di padre Messineo e di Martegani che – nota Occhetta – consideravano il comunismo «come la maggiore minaccia per la fragile democrazia italiana e per la Chiesa». E padre Lombardi cambiò atteggiamento. Anche il voto favorevole espresso da Togliatti sull’articolo 7 viene giudicato da padre Lener «un opportunistico voltafaccia», un voto politico per confondere l’elettorato. Faceva insomma parte della doppiezza comunista, e per di più non era stato determinante. Il libro di Occhetta rivela poi che la filosofia dei costituenti cattolici, anche se aveva portato al riconoscimento della Chiesa come interlocutore privilegiato dell’Assemblea, incontrava la diffidenza della Civiltà cattolica non tanto sul piano dogmatico ma su quello antropologico: diversi anni dopo, nel 1958, la rivista pubblica un articolo di Messineo che definisce il pensiero di Maritain «storicista e naturalista», testo che suscita le riserve di alcuni giovani gesuiti del collegio ma incontra il consenso del cardinale Ottaviani e del direttore padre Ghiozzo.
Si prospetta addirittura una condanna del filosofo francese da parte del Sant’Offizio. Ma il secondo articolo di Messineo già pronto in bozze non verrà pubblicato, pare per intervento diretto di Pio XII, sollecitato dalla Francia. A 60 anni dalla Costituzione, mentre si susseguono i progetti di riforma, proprio le pagine della Civiltà cattolica di quegli anni sembrano dire che i suoi principi sono ancora validi. Il libro di Occhetta, scavando negli archivi, lo ribadisce.
Tratto da : www.avvenire.it/
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