L'ascesa al potere di Mussolini
La Svolta sul finire del 1920
Premesse
La crisi italiana del primo dopoguerra si divide in due periodi biennali :
dall’autunno del 1918 all’autunno del 1920 e dall’autunno del 1920 all’autunno del 1922.
Nel primo periodo comanda la sinistra. La borghesia liberale cede continuamente terreno, il movimento fascista e un gruppuscolo insignificante e sconosciuto.
Nel secondo, la destra reagisce, esplode il fenomeno del fascismo che scende in piazza, si accende un conflitto civile, ed alla fine la situazione si capovolge.
Premesse
La crisi italiana del primo dopoguerra si divide in due periodi biennali :
dall’autunno del 1918 all’autunno del 1920 e dall’autunno del 1920 all’autunno del 1922.
Nel primo periodo comanda la sinistra. La borghesia liberale cede continuamente terreno, il movimento fascista e un gruppuscolo insignificante e sconosciuto.
Nel secondo, la destra reagisce, esplode il fenomeno del fascismo che scende in piazza, si accende un conflitto civile, ed alla fine la situazione si capovolge.
Il punto di svolta si colloca tra il settembre ed il novembre del 1920, ed è scandito da tre fatti :
l’occupazione delle fabbriche, le elezioni amministrative, e l’eccidio di palazzo d’Accursio a Bologna.
Abbiamo scelto, a documentazione, tre articoli di fondo del “Corriere della Sera” tutti certamente dovuti alla penna di Luigi Alberini, Direttore del quotidiano più importante d’Italia (in seguito divenuto uno dei più fermi oppositori costituzionali del regime Fascista) : uno del 19 settembre, uno del 16 ottobre ed uno del 24 novembre 1920 appunto.
Il primo compare nel pieno dell’occupazione delle fabbriche, ed è l’espressione disperata e sconfortata di un politologo che vede crollare tutto ciò in cui ha creduto fino ad allora, ed arriva a ritenere preferibile, alla situazione esistente, la resa al nemico socialcomunista, nella prospettiva (abbastanza illusoria) di una successiva riscossa.
Il secondo si colloca nel quadro della campagna elettorale amministrativa, ed è caratterizzato da due elementi : il furore per i continui delitti della sinistra (pochi giorni prima vi sono state a Torino e Milano, efferate stragi di “guardie regie” e di nazionalisti), e la sensazione che qualcosa stesse cambiando, e che qualcuno si stesse muovendo. Alberini conclude : “ Ma cadere dalle tenebre del leninismo, sottostare alla dittatura di pochi sciagurati tanto folli quanto orgogliosi e ignoranti, questo no, a qualunque costo”. Perché si era superato “il limite” (ed è questo, infatti, il titolo del “fondo”).
Fra il secondo ed il terzo articolo si colloca l’esito delle amministrative, e l’evento di Bologna.
Le Amministrative dimostrano che i socialisti – si badi che non vie è ancora stata la scissione comunista – non sono così invincibili come si era temuto all’indomani delle elezioni politiche del novembre 1919 (30 % dei voti e 150 seggi). Adesso, i “costituzionali” si battono; conquistano la maggioranza dei municipi, ed in particolare nelle grandi città come Roma, Firenze, Genova, Torino, Napoli, Palermo, Bari, mentre la sinistra conserva soltanto a fatica Milano e Bologna.
Ed è appunto a Bologna che scoppia il dramma. Il 31 ottobre la sinistra vince, e subito proclama che il giorno dell’insediamento del Consiglio Comunale ci sarà una grande festa. I fascisti, capeggiati dal coraggioso Leandro Arpinati, li sfidano, avvertendo che disturberanno le celebrazioni, e in special modo intimando di non innalzare sul Comune la bandiera rossa in luogo del tricolore.
I socialisti rispondono con lo scherno.
Nel giorno fissato per celebrare il trionfo però, si affaccia sulla piazza un gruppetto di fascisti.
I militanti di sinistra perdono la testa : sono arrivati armati di bombe e rivoltelle, e le adoperano senza risparmio, causando otto morti e una ventina di feriti. Fra i morti, un consigliere comunale di destra, l’avvocato Giordani, ucciso in pieno Consiglio Comunale.
Alberini scrive il 24 novembre, a commento dei funerali dell’avvocato Giordani che riuscirono imponenti e sfociarono in una compatta dimostrazione antisocialista (a partire da quel momento, l’egemonia socialista in Emilia subì una vera e propria “decable”).
L’articolo trae le conseguenze della reazione in corso, e ne fa un po’ di storia, attribuendone (in modo chiaro e indiscutibile) la responsabilità alla eccessiva tolleranza dei Governi liberali verso l’attività eversiva della sinistra.
Chi ci legge deve riflettere attentamente su queste sequenze, così come si possono ricostruire alla luce si quanto fu detto e scritto contemporaneamente ad esse. Le parole del Direttore del “Corriere” sono infatti precisissime ed appassionate per poter essere fraintese. L’Italia era arrivata ad un punto tale che “non se ne poteva più”, che “così non si andava avanti”, che si era “arrivati alla guerra civile”.
Oggi che siamo invasi da commentatori faziosi che alterano i fatti, blaterando di reazione borghese e patronale contro i poveri e pacifici lavoratori. La verità si trova in campo opposto. Il Fascismo nacque dalla protesta dei cittadini contro gli eccessi della sinistra scatenata ed esaltata dalle vittorie del bolscevismo in Russia; assunse il potere in un momento eccezionale e con il consenso di una grande maggioranza della popolazione.
Tutto il resto è mistificazione.
Tratto da :
Appendici a “La grande frode” di Franco Malnati.
l’occupazione delle fabbriche, le elezioni amministrative, e l’eccidio di palazzo d’Accursio a Bologna.
Abbiamo scelto, a documentazione, tre articoli di fondo del “Corriere della Sera” tutti certamente dovuti alla penna di Luigi Alberini, Direttore del quotidiano più importante d’Italia (in seguito divenuto uno dei più fermi oppositori costituzionali del regime Fascista) : uno del 19 settembre, uno del 16 ottobre ed uno del 24 novembre 1920 appunto.
Il primo compare nel pieno dell’occupazione delle fabbriche, ed è l’espressione disperata e sconfortata di un politologo che vede crollare tutto ciò in cui ha creduto fino ad allora, ed arriva a ritenere preferibile, alla situazione esistente, la resa al nemico socialcomunista, nella prospettiva (abbastanza illusoria) di una successiva riscossa.
Il secondo si colloca nel quadro della campagna elettorale amministrativa, ed è caratterizzato da due elementi : il furore per i continui delitti della sinistra (pochi giorni prima vi sono state a Torino e Milano, efferate stragi di “guardie regie” e di nazionalisti), e la sensazione che qualcosa stesse cambiando, e che qualcuno si stesse muovendo. Alberini conclude : “ Ma cadere dalle tenebre del leninismo, sottostare alla dittatura di pochi sciagurati tanto folli quanto orgogliosi e ignoranti, questo no, a qualunque costo”. Perché si era superato “il limite” (ed è questo, infatti, il titolo del “fondo”).
Fra il secondo ed il terzo articolo si colloca l’esito delle amministrative, e l’evento di Bologna.
Le Amministrative dimostrano che i socialisti – si badi che non vie è ancora stata la scissione comunista – non sono così invincibili come si era temuto all’indomani delle elezioni politiche del novembre 1919 (30 % dei voti e 150 seggi). Adesso, i “costituzionali” si battono; conquistano la maggioranza dei municipi, ed in particolare nelle grandi città come Roma, Firenze, Genova, Torino, Napoli, Palermo, Bari, mentre la sinistra conserva soltanto a fatica Milano e Bologna.
Ed è appunto a Bologna che scoppia il dramma. Il 31 ottobre la sinistra vince, e subito proclama che il giorno dell’insediamento del Consiglio Comunale ci sarà una grande festa. I fascisti, capeggiati dal coraggioso Leandro Arpinati, li sfidano, avvertendo che disturberanno le celebrazioni, e in special modo intimando di non innalzare sul Comune la bandiera rossa in luogo del tricolore.
I socialisti rispondono con lo scherno.
Nel giorno fissato per celebrare il trionfo però, si affaccia sulla piazza un gruppetto di fascisti.
I militanti di sinistra perdono la testa : sono arrivati armati di bombe e rivoltelle, e le adoperano senza risparmio, causando otto morti e una ventina di feriti. Fra i morti, un consigliere comunale di destra, l’avvocato Giordani, ucciso in pieno Consiglio Comunale.
Alberini scrive il 24 novembre, a commento dei funerali dell’avvocato Giordani che riuscirono imponenti e sfociarono in una compatta dimostrazione antisocialista (a partire da quel momento, l’egemonia socialista in Emilia subì una vera e propria “decable”).
L’articolo trae le conseguenze della reazione in corso, e ne fa un po’ di storia, attribuendone (in modo chiaro e indiscutibile) la responsabilità alla eccessiva tolleranza dei Governi liberali verso l’attività eversiva della sinistra.
Chi ci legge deve riflettere attentamente su queste sequenze, così come si possono ricostruire alla luce si quanto fu detto e scritto contemporaneamente ad esse. Le parole del Direttore del “Corriere” sono infatti precisissime ed appassionate per poter essere fraintese. L’Italia era arrivata ad un punto tale che “non se ne poteva più”, che “così non si andava avanti”, che si era “arrivati alla guerra civile”.
Oggi che siamo invasi da commentatori faziosi che alterano i fatti, blaterando di reazione borghese e patronale contro i poveri e pacifici lavoratori. La verità si trova in campo opposto. Il Fascismo nacque dalla protesta dei cittadini contro gli eccessi della sinistra scatenata ed esaltata dalle vittorie del bolscevismo in Russia; assunse il potere in un momento eccezionale e con il consenso di una grande maggioranza della popolazione.
Tutto il resto è mistificazione.
Tratto da :
Appendici a “La grande frode” di Franco Malnati.